Giorgio Vaccaro

Presidente FIGC dal 1933 al 1942

Giorgio Vaccaro è il Presidente della FIGC più vittorioso: durante il suo mandato, tra il 1933 e il 1943, l’Italia conquista 2 Mondiali (1934 e 1938), l’unica Medaglia d’Oro ai Giochi Olimpici (Berlino 1936), la Coppa Internazionale 1935 (il torneo tra le big dell’Europa centrale, con Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Svizzera.

Ufficiale Generale dell'Esercito Italiano (aveva combattuto nella prima guerra mondiale con il grado di Tenente d'artiglieria, guadagnando una Medaglia d'Argento al Valor Militare e due Croci di Guerra), membro del Partito Nazionale Fascista (iscritto dal 1920 ai Fasci di combattimento), atleta praticante (pugilato, scherma e ciclismo, con il Circolo Canottieri Aniene e la Società Podistica Lazio), nel 1933 è nominato dal nuovo segretario del PNF Achille Starace segretario generale del CONI e presidente della FIGC, dove Starace aveva rimosso Leandro Arpinati, poi arrestato e confinato.

Vaccaro, che nel 1928 era stato il primo Presidente della FIR e nel 1930 Presidente del Circolo Aniene, proseguì le politiche già avviate da Arpinati su nuovi impianti, finanziamenti alle discipline sportive minori, formazione di nuovi dirigenti, promozione della partecipazione dei tifosi attraverso la riduzione del prezzo dei biglietti. Ma soprattutto accelerò le riforme su organizzazione interna e regolamenti; presidenza degli arbitri e delle relazioni internazionali; guida delle rappresentative nazionali.

Su questi temi, nomina una sorta di triumvirato formato dalle personalità più carismatiche e capaci nel mondo del calcio di allora: Ottorino Barassi, Giovanni Mauro e Vittorio Pozzo.

Conserverà la presidenza della FIGC sino al 1943: dopo il 25 luglio, Vaccaro si consegna alle autorità e viene internato in un campo prigionia poi a Regina Coeli. Pur essendo stato prosciolto durante i processi del dopoguerra, viene emarginato negli ambienti sportivi, dimissionato dal CIO nel 1950, pur continuando a ricoprire alcuni incarichi nella FIGC (membro della Corte d’onore, poi Corte federale dal 1960 al 1964) e Presidente della Lazio (64/65).