1911: nasce l’aia

Quando gli inglesi inventano il football la figura dell’arbitro non esiste: si giocava nelle scuole più prestigiose ed erano i capitani delle due squadre ad accordarsi prima dell’avvio sulla durata, sul numero dei giocatori e le misure del campo. Negli anni successivi, con lo sviluppo dello sport e della competizione tra club, viene mutuata dal cricket la figura dell’umpire, cioè una figura imparziale, che godesse dell'unanime rispetto delle due squadre e assumesse decisioni insindacabili in caso di dispute. A lui spettava inoltre il compito di contare i gol e redigere il referto della gara. In Inghilterra, per ogni match, sono indicati due umpire.

Nel 1891, l’International Board istituisce la figura dell’arbitro, che entrava in campo, mentre gli umpire diventavano supervisori delle linee laterali, i futuri guardalinee.I primi arbitri, che devono conoscere le regole del gioco, erano proprio ex calciatori.

In Italia gli arbitri sono operativi dall’8 maggio 1898, il giorno nel quale si erano celebrate le tre partite del primo campionato (4 squadre), dirette dal primo fischietto celebre: Adolfo Jordan, inglese, residente a Torino. Con lo sviluppo del gioco, la figura dell’arbitro diventa sempre più importante, riconosciuta dal sistema e, soprattutto, si chiede una loro completa imparzialità dalle squadre. E così il 27 agosto 1911, dopo ben 14 campionati di serie A, in una sala appartata di un famoso ristorante milanese oggi scomparso, “L’Orologio” (ritrovo della classe agiata della città) viene fondata l’Associazione italiana degli arbitri. Il primo Presidente dell’AIA è Umberto Meazza, già capitano prima della Mediolanum e poi della Unione Sportiva Milanese, che nel 1899 aveva iniziato a dirigere le prime gare di campionato senza abbandonare l’attività nella società di origine. Dopo un anno, Meazza si dimette per essere sostituito da Enrico Canfari, socio fondatore del Football Juventus di Torino. Canfari muore durante la Prima Guerra Mondiale e il suo posto è preso da Luigi Bosisio, giocatore della Mediolanum.
Nel 1922 al vertice dell’associazione arriva colui che è considerato il padre dell’arbitraggio italiano: Giovanni Mauro. Il suo avvento e la sua opera chiudono l’era pionieristica dell’Aia per aprirne una fatta di organizzazione e di efficienza.

Tra l’altro, quando la FIGC istituisce la Nazionale (1910) per la selezione nomina una commissione Tecnica formata proprio dagli arbitri: perché erano loro che meglio conoscevano il gioco (per averlo praticato prima di passare ad arbitrare) e anche i giocatori (per averli visti in azione sui campi). Che erano, inoltre, quelli che giravano le diverse città potendo così conoscere i calciatori di tutte le squadre, in un’epoca in cui viaggiare non era certo agevole.