Marchetti racconta la sua storia: “Un incidente mi ha cambiato la vita”
giovedì 17 giugno 2010
Portiere ci è diventato per caso. Nasce attaccante, ma finisce in porta in un giorno di pioggia di tanti anni fa, e non la lascia più. E’ la storia di Federico Marchetti, il numero uno del Cagliari, che da lunedì scorso, complice l’infortunio di Gigi Buffon, è diventato il titolare della maglia azzurra. L’esordio in Nazionale risale al 6 giugno 2009, a 26 anni, nella partita amichevole Italia-Irlanda del Nord (3-0) disputata a Pisa. Una carriera in giro per l’Italia, inframmezzata da un episodio, un incidente stradale, che gli ha cambiato la vita di uomo: “E’ accaduto a marzo di 5 anni fa – racconta - fortunatamente io e due compagni di squadra siamo usciti illesi da uno scontro in auto. Quando vedi la morte in faccia succede qualcosa che è difficile da spiegare, è un’esperienza brutta ma che porto con me. Per incidenti ho perso due amici. Credevo fossimo perseguitati dal destino, ma ora credo che dall’alto siano più felici di me per quello che succede. Mi sono tatuato l’Ave Maria”.
E adesso l’Italia è nelle sue mani, anzi nei suoi guanti. E lui? E’ tranquillo: “Cinque anni fa – continua Marchetti - ero nel Torino che fallì, ora sono qui in azzurro ai Mondiali. E' cambiato tutto da un giorno all'altro: ma se son qui vuol dire che ho qualità. Mi sto preparando come al solito, ma con più tensione perchè il palcoscenico è cambiato. Sento la fiducia dei compagni. La mia è una storia unica. Ora che c'è da giocare titolare è ancora più bella. Gigi mi ha dato consigli, mi ha incoraggiato; resterà con noi e non mollerà, anche contro il Paraguay ha contribuito, incitandoci dalla panchina. Fa piacere sentire il suo appoggio sul piano umano. Gigi scherza sempre, mi ha detto che stare tranquillo era la cosa più importante. Con lui ho un rapporto sincero: crede in me. In porta si è soli, non ci sono aiuti dall'esterno. Se sbagli o t'aiuta il palo o è gol. Se temessi di fare errori non sarei un portiere”.
Sul paragone con Buffon dice la sua: “Non credo di avere le caratteristiche di Gigi. Lui è completo in tutto, è reattivo, veloce e per questo è il numero uno al mondo. Io sono più muscolare, più esplosivo, perchè ho molta forza di carattere, coraggio, spensieratezza, consapevolezza dei miei mezzi. Mi emoziono anch'io, ma non lo faccio capire. Teso o non teso, l'importante è parare. Mi diverto, certo che mi diverto: ci mancherebbe!”.
E' severo il suo giudizio sul pallone: “A parer mio, ma anche di Buffon e di De Sanctis, è il peggiore mai visto ai Mondiali. Comprendo le lamentele di tutti: non solo dei portieri, ma anche degli attaccanti che non riescono a controllarlo. La traiettoria cambia, è difficile prevedere dove la palla andrà a finire, è più veloce del solito. Al Sestriere abbiamo provato a sgonfiarlo, a gonfiarlo: niente, va per i fatti suoi”.
Nato a due passi da Bassano del Grappa, quando l’Italia vinceva i Mondiali in Spagna nell’82 non era ancora nato e nel 2006 li ha visti in tv: “Io e i miei amici abbiamo sempre tifato Italia. Ma me ne sono andato via da ragazzino dal mio paese. Nel 2006 ero in poltrona con la mia fidanzata e i miei genitori ed ero orgoglioso della vittoria. Nel 1982 non ero nato e veder vincere un Mondiale capita poche volte nella vita”.
Domenica si troverà di fronte la Nuova Zelanda: “E’ una squadra molto fisica, i suoi giocatori sono bravi sulle palle alte. Cercheremo di stare attenti. Preoccupato? No, voglio vincere”.