La ricetta di Conte: “Ritroviamo lo spirito di sacrificio per colmare il nostro gap fisico”
lunedì 2 marzo 2015
Sacrificio, lavoro, fatica. E anche testa, cuore e gambe. Poche parole per lanciare un messaggio chiaro al calcio italiano, ma soprattutto ai tanti giovani che sognano di diventare i campioni del domani. In un’intervista rilasciata al mensile ‘Il Nuovo Calcio’, Antonio Conte indica la strada per far tornare l’Italia del pallone ai livelli che le competono: “Abbiamo organizzato diversi incontri con allenatori di Serie A e B – ricorda il Ct – oltre che con i tecnici e i responsabili delle squadre Primavera e Allievi. E’ emerso che quando i ragazzi si affacciano in prima squadra non sono pronti. Al di là di un discorso tecnico tattico, quello che è venuto alla luce è il gap fisico. Servono 6/7 mesi di lavoro con i ‘grandi’ prima di trovare il ritmo giusto. E questo deve farci riflettere. Forse ci siamo dimenticati che il calciatore è anche un atleta”.
La soluzione non è “scopiazzare” altri modelli europei, ma prenderne gli aspetti positivi mantenendo le qualità che tutti ci riconoscono “abnegazione e il saper trovare il meglio di noi nelle difficoltà”. Ma la vera chiave per ottenere risultati è insistere sulla cultura del lavoro: “Bisogna recuperare uno spirito di sacrificio che è andato perso e imparare a trasmetterlo ai calciatori fin da bambini. Se vai forte in settimana, hai più probabilità di farlo anche in gara”.
Oltre che Ct, Conte è Coordinatore della Nazionali Giovanili e sa quanto sia importante puntare sui vivai per permettere la crescita dell’intero movimento calcistico: “Purtroppo a lungo andare nelle scuole calcio si iniziano a inquadrare i giovani a livello tattico. In realtà, fino a una certa età, il divertimento e la libera interpretazione dei gesti tecnici, che sia un dribbling o un tiro, viene prima di tutto. Rispetto ad altri paesi europei abbiamo meno elementi capaci di saltare l’uomo. Dobbiamo ripartire da qui, dai bambini che hanno il desiderio di emulare il gesto di un campione, di marcare per dimostrare di essere più bravi di un compagno”.
Per poter convincere gli altri a credere in loro, anche i giovani devono credere nei propri mezzi per riuscire a fare quel salto di qualità fondamentale per il loro futuro: “I giovani forti, quelli di qualità, giocano. Io ho esordito in Serie A a 16 anni e facevo tutti i ‘lavori’ dei miei compagni più ‘anziani’. Buffon lo ha fatto a 16 anni, Pogba a 18, Ranocchia con me all’Arezzo ha preso il posto al centro della difesa dell’allora capitano sempre a 18 anni. Per i calciatori forti la carta d’identità non conta mai”.
Tutti, a patto di meritarselo, possono ambire a indossare la maglia azzurra e anche la Serie B resta un prezioso bacino da cui attingere: “Guardo tutto ciò che è calcio, dalla partita di calcetto al Beach Soccer, senza dimenticare quello femminile. E' la mia passione, penso si sia capito. Anche il campionato di Serie B è importante per il nostro movimento e oggi tre giocatori che hanno lavorato bene in quel contesto come Zaza, Immobile e Florenzi sono stati titolari in Nazionale. Certo, pensare che ora ci siano calciatori di B pronti per la maglia azzurra è fuori luogo, però se qualcuno mantiene quanto di buono sta mostrando e si conferma nella massima serie…”.