Greta Ghilardi e l’amore per il futsal: “Tre anni fa non sapevo cosa fosse questo sport, poi con la pandemia…”
La classe 2003, in raduno con la Nazionale al CPO Giulio Onesti di Roma, racconta il suo percorso: dai calci al pallone all’oratorio di Caravaggio alle porte di Bergamo, alle giovanili dell’Atalanta, fino al passaggio al calcio a 5 e l’approdo in Nazionale. “Ora sogno il Mondiale”giovedì 16 maggio 2024
Greta Ghilardi è una sorpresa. Passeggia per il CPO Giulio Onesti di Roma, dove la Nazionale femminile di futsal ha cominciato ieri il suo raduno (durerà fino a sabato 18 maggio) con fare timido. Quasi non la vedi arrivare, sorride composta, si guarda in giro con gli occhi curiosi dei suoi 21 anni. Poi, quando inizia a parlare lo fa con una maturità incredibile, spalancando le porte della sua vita con una loquacità che ti investe. Accade qualcosa di magico quando racconta delle sue prime volte ed è in quei momenti che capisci che in lei c’è qualcosa di diverso. La sua unicità è la stessa che mette in campo. Quella che nelle ultime amichevoli delle Azzurre a Taranto con l’Ucraina ha fatto strabuzzare gli occhi a tutti, alla Ct Francesca Salvatore in primis: Greta gioca con una leggerezza violenta. Sembra che corra in punta di piedi, fa cose col pallone che sembrano non poterle appartenere. Pensi sia timida, ma picchia duro. La sua presenza fisica e tecnica sul 40x20, il suo controllo emotivo della partita, delle giocate, il suo pensiero rapido e intuitivo, la rendono un diamante purissimo. Un talento che ha incrociato il futsal sulla sua strada quasi per caso, paradossalmente grazie alla pandemia: tre anni fa non sapeva cosa fosse il calcio a 5, oggi è la miglior classe 2003 d’Italia.
GLI INIZI E LA SERIE A. “Ho iniziato a giocare a calcio a 11 all’età di 6 anni – ricorda -, nella squadra del mio paese, Caravaggio, alle porte di Bergamo. Giocavo all’oratorio, nel classico campo di ‘patate’ come piace chiamarlo a me. Dopo poco sono passata alle giovanili dell’Atalanta, una realtà organizzatissima, grazie alla quale sono crescita tanto. Poi è arrivata la pandemia e la mia vita sportiva è arrivata a un bivio”. Bergamo è infatti in zona rossa, l’attività femminile atalantina viene stoppata e Ghilardi sposa il progetto dell’Accademia Calcio Bergamo che, dopo una breve parentesi di calcio a 11, iscrive la squadra al campionato nazionale U19 di futsal: “Non avevo neanche idea di che sport fosse – sorride la bergamasca -. Poi, dopo qualche allenamento, ho potuto capire le grandi differenze che ci sono fra i due sport e me ne sono innamorata”. La scalata è stata rapida e immediata. Dopo pochi mesi, a stagione conclusa, arriva la Kick Off, storica realtà del futsal femminile di San Donato Milanese e Ghilardi fa il grande salto in Serie A. “Mi si è letteralmente aperto un mondo, entrando a contatto con una qualità tecnica e tattica di altissimo livello e sin dal primo anno mi è stata data la possibilità di avere minuti, di mettermi in mostra e questo mi ha dato consapevolezze e maggiori responsabilità”. Tanto che a giugno arriva la prima convocazione in Nazionale, a 19 anni. “Non me l’aspettavo, è stato incredibile, avevo cominciato a giocare a futsal da così poco. Il bello è che l’ho saputo dai miei genitori, perché sono loro i primi a scrivermi e a interessarsi rispetto a tutto quello che faccio quando gioco”.
FAMIGLIA. La famiglia, una costante nelle parole di Ghilardi, come pilastro incrollabile. Anche se all’inizio la calciatrice azzurra ha dovuto vincere le resistenze dei genitori: “C’era un po’ di pregiudizio, ovviamente, che per fortuna ora il mondo del calcio femminile sta iniziando a sdoganare. Ho provato a giocare a basket, ma anche lì colpivo il pallone con i piedi – sorride -. Poi mia madre si è convinta, mi ha portato a giocare a 11, facendolo in un giorno di pioggia, con un campo fangoso, convinta che avrei mollato la presa. In realtà mi sono divertita così tanto che non hanno potuto far altro che assecondarmi. Hanno capito che questa cosa mi rendeva felice e da quel momento sono diventati i miei primi sostenitori, spingendomi sempre a continuare”. Una passione per il pallone che nasce dal fratello di tre anni più grande: “Volevo imitarlo, giocare sempre con lui. Alla fine ora è un po’ geloso del fatto che io sia arrivata in Nazionale - prosegue scherzando -. In realtà è il primo a seguirmi alle partite, è fiero di me. Ma d’altronde senza la mia famiglia non sarei dove sono ora, innanzitutto perché, per esempio, durante il primo anno di Serie A si sobbarcavano il viaggio da Bergamo a Milano tutti i giorni andata e ritorno, senza di loro nulla di tutto questo sarebbe potuto accadere”. Da questa stagione Greta abita a Milano e questo le ha cambiato la vita: “Sono molto felice, sono molto più indipendente e quando riesco a tornare a casa è ancora più speciale, riesco a godermi di più questi momenti”. Quelli con la famiglia, gli amici e il fidanzato, che vive a Bergamo, ma non si perde una partita: “Mi segue in casa e anche fuori, è stato uno dei primi a credere nelle mie possibilità, a spingermi a scegliere di giocare a futsal, anche perché dopo l’Atalanta avevo l’opportunità di andare al Brescia, ma non ho rimpianti, è stata la scelta giusta”.
MONDIALE. Un percorso, quello di Ghilardi, che va di pari passo con l’Università: “Sto studiando Scienze Motorie. Portare avanti studio e sport non è facile, ma fra un anno conto di laurearmi e in futuro mi piacerebbe fare un corso di massoterapia per continuare a restare nel mondo sportivo anche sul piano lavorativo”. Anche se il futuro imminente si chiama Mondiale di futsal femminile, il primo della storia nel 2025. Proprio ieri la FIFA ha annunciato la sede, le Filippine: “Non avrei mai potuto pensare di sognare una cosa così importante. Non sono una persona che pensa spesso al futuro, cerco di dare il massimo tutti i giorni, ma è chiaro che all’annuncio di un Mondiale non ho potuto pensare ad altro. È un’opportunità grandissima, una grande vetrina, per tutte noi, per tutto il movimento”. Lo è anche e soprattutto per quella bambina che a 6 anni dava calci al pallone in un campo fangoso, sotto la pioggia, che ora illumina il parquet indossando la maglia della Nazionale.