(Esclusiva) Bryan Cristante si racconta, tra esordio in Champions League, maglia azzurra e Benfica
lunedì 8 settembre 2014
Ha lo stesso nome, Bryan, di un calciatore che quasi tre mesi fa ha fatto 'piangere' l'Italia al Mondiale brasiliano: il colpo di testa di questo Bryan, Ruiz, ha condannato l'Italia nella gara contro la Costa Rica. La testa e i piedi di Bryan Cristante, invece, si spera che la Nazionale la facciano sorridere di felicità. Appena passato al Benfica, il centrocampista si racconta in esclusiva a Vivo Azzurro direttamente dal ritiro dell'Under 20, lasciando trapelare una normalità e una semplicità quasi imbarazzanti.
Iniziamo da una curiosità: devi ammettere che per un ragazzo della provincia di Pordenone il nome Bryan non è comunissimo... Come mai i tuoi genitori hanno deciso di chiamarti così?
E' stata una loro scelta, non c'è nessun motivo particolare. Mio padre è nato in Canada ed è stato là, io infatti ho il doppio passaporto, anche quello canadese, quindi hanno deciso di chiamarmi così.
Se ti dico 6 dicembre 2011, cosa ti viene in mente?
L'esordio (in Champions League contro il Viktoria Plzen, ndr), una grandissima esperienza per me, l'inizio del mio percorso, la primissima presenza in prima squadra, da cui è partito tutto. A sedici anni non mi sono neanche reso conto di aver esordito in Champions League, mi ha aiutato molto farlo così presto in una squadra come il Milan. Poi da lì sono cresciuto e ora sono qui.
L'anno scorso invece hai esordito in campionato, al Bentegodi contro il Chievo, subentrando a un campione come Kakà. Che differenze hai trovato a due anni di distanza tra i due esordi?
L'esordio in Champions era una specie di premio, in una partita che si giocava quando avevamo già passato il turno e il mister ha voluto farmi questo 'regalo'. Invece all'esordio in campionato ero già in prima squadra, mi stavo allenando con loro ormai da un anno e quindi è stato più importante. Ero più consapevole.
Che pressione avverte un giovane che veste maglie così pesanti come quelle di Milan e Benfica?
Sicuramente bisogna essere consapevoli che ci si trova in squadre abituate a vincere, con coppe e campionati, ma non dare a questo aspetto un peso eccessivo, rimanendo tranquilli e liberi di giocare.
Passiamo all'esperienza in UEFA Youth League dello scorso anno, la Champions League dei giovani. Uno dei tuoi gol al Barcellona è stato votato tra i cinque più belli dalla UEFA...
Non lo sapevo... Le altre squadre sono più mature, crescono prima, non so perché, forse dipende dal fatto che all'estero già da ragazzini giocano nelle serie minori inglesi o spagnole. Però l'Italia comunque si è fatta valere, il Milan è uscito agli ottavi contro il Chelsea, ma è stata comunque una bella esperienza.
Chi è il giocatore più forte che hai affrontato in questa competizione?
Ho giocato solo contro il Barcellona, quindi dico il calciatore che ha preso la Roma, Sanabria, nella partita di andata in cui ha segnato una doppietta.
E nelle nazionali giovanili chi sono i più forti con cui ti sei allenato?
Sono in Nazionale dall'Under 15, mi sono allenato con tanti calciatori, tutti molto bravi, d'altronde in Nazionale ci vanno i migliori d'Italia. Alcuni giocano già in Serie B, altri in Serie A... Non saprei sceglierne uno.
Chi è il tuo idolo calcistico, o comunque il calciatore a cui ti ispiri?
Dico la verità, non ne ho mai avuto uno. Ho sempre osservato i grandi campioni che giocavano nel mio ruolo, cercando di prendere qualcosa da ciascuno di loro, ma mai un punto di riferimento fisso. In Nazionale? Senza dubbio Pirlo, uno dei migliori centrocampisti al mondo.
Si è parlato spesso di te come mediano davanti alla difesa o come mezzala. Quale dei due ruoli preferisci in campo?
Mi trovo bene in entrambe le posizioni, per me non c'è una gran differenza. Dipende dalle caratteristiche di ogni giocatore, per il mio modo di giocare non cambia molto.
Quanto senti la maglia azzurra? Canti l'inno prima della partita?
Sì sì, lo canto. Mi fa piacere far parte di una Nazionale come quella azzurra, che ha una grande storia ed è anche oggi una delle più importanti al mondo.
Non può mancare una domanda sulla tua nuova squadra. Il Benfica ti ha voluto molto, tu perché hai scelto il Benfica?
Mi hanno voluto e l'ho ritenuta una ottima soluzione: è una squadra con molta storia, disputa la Champions League e in Portogallo è sempre tra le prime tre. Il numero 24? Era quello che avevo al Milan, era libero e ho continuato con quello.
Quando si è già alzato, gli chiediamo se lo spaventi la' maledizione' lanciata da Bela Guttmann, ex allenatore del Benfica, che, prima di andare via da Lisbona, ha detto che la squadra portoghese non avrebbe mai più vinto una Coppa dei Campioni senza di lui. Da allora, ha perso cinque finali dell'attuale Champions League, più le due di Europa League guadagnate nelle ultime due stagioni. Cristante, semplicemente, se la ride. Non sente la pressione della Champions, figuriamoci delle maledizioni.