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L'allenatore dell'Udinese Massimo Oddo al workshop del CFT friulano

mercoledì 21 febbraio 2018

L'allenatore dell'Udinese Massimo Oddo al workshop del CFT friulano

Intenso, partecipativo e umile, al punto da riconoscere i limiti dell'allenatore professionista a cospetto del compito educativo che spetta agli allenatori dei giovani calciatori, ruolo rivendicato con orgoglio e ricordato con un pizzico di commozione. Massimo Oddo ha fatto davvero breccia al workshop CFT “Il triangolo relazionale genitori-figli-allenatore nello sport giovanile: l'importanza dell'alleanza educativa”, catturando l'attenzione della folta platea che ha riempito Villa Dora, a San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine, dove l'attuale allenatore dell'Udinese ha tenuto banco per oltre un'ora, passando presto dal ruolo di ospite d'onore a quello di relatore d'eccezione.

D'altronde, era proprio questa sentita partecipazione che aveva auspicato il Settore Giovanile e Scolastico del Friuli Venezia Giulia, consapevole che l'esperienza di un tecnico professionista potesse fungere da esempio per i giovani calciatori, i tecnici e per i genitori, forse i più stimolati dallo stesso Oddo, che non a caso ha invitato le famiglie a essere sempre a supporto di chi educa il loro ragazzo anche in ambito sportivo, conferendo fiducia ed autorevolezza agli allenatori, riconoscendone quindi le competenze e la funzionalità educativa.

Presentata dal Coordinatore Federale Regionale dell'SGS del Friuli Venezia Giulia, il professor Giovanni Messina, dal responsabile tecnico del CFT di San Giorgio di Nogaro Maurizio Zorba, e condotta in veste di moderatore dallo psicologo dello stesso CFT Luca Modolo, la serata è stata caratterizzata dal tecnico dell'Udinese, generoso nel ricordare tutta una serie di aneddoti personali, tra i quali hanno trovato spazio gli inizi giovanili alla società sportiva Renato Curi di Pescara e le prime esperienze da allenatore del settore giovanile, negli allievi del Genoa. Una narrazione trasversale, quella di Oddo, mai distaccatasi però dal tema proposto dal workshop, e sempre rivolta ai rimandi delle buone regole educative, all'importanza dei giusti comportamenti, validi tanto per i tecnici, quanto per i ragazzi e i genitori.

“Personalmente ho sempre creduto che l'allenatore debba toccare le corde giuste dei ragazzi ed essere psicologo, agendo sempre con lealtà, sincerità, anche quando è dura attuarla avendo un bambino di fronte, e coerenza, valore imprescindibile nella vita”. Oddo ha attinto dal suo vissuto personale, da quella passione per il calcio poi sfociata in professione e successo, ma mai anteposta allo studio. “Bisogna dare sempre tutto quello che si ha in campo e fuori, ma anche creare delle alternative. Se a casa un genitore fa capire al figlio che l'unico obiettivo è diventare un calciatore, non fa il bene di quel ragazzo. Il sogno lo crei a cinque anni, poi lo insegui, ma devi avere un'alternativa valida e quell'alternativa può essere solo lo studio. Conta la testa, il cervello, e qui l'importanza del ruolo della famiglia è fondamentale nel formare il carattere del ragazzo. Carattere che non si forma solo assecondando e consolando, ma dando fiducia ai tecnici che valutano e vedono il ragazzo in campo”.

Poi, ecco i ricordi della prima esperienza da allenatore delle giovanili. “Avevo fatto tutti i master, avevo tutti i titoli, ma la sera prima di condurre il primo allenamento agli allievi del Genoa ero emozionatissimo. L'allora responsabile del settore giovanile del Genoa Sbravati mi disse di far crescere quei ragazzi e la mia più grande fortuna è stata allenare una categoria che non faceva classifica”. Tra i consigli ai giovani tecnici c'è stato quello di fornire “obiettivi a lunga scadenza ai ragazzi” e ai giovani calciatori quello, appunto di “giocare inseguendo un sogno, ma continuando a studiare, di avere unità d'intenti nello stesso gruppo: “Contano i valori del gruppo e di conseguenza dei singoli. All'interno di un gruppo non sono tutti positivi però deve esserci unità di intenti. Nel 2006 l'Italia vinse per unità di gruppo e si creò un gruppo che voleva dimostrare”.

Tra gli interventi e le domande, il responsabile del CFT Maurizio Zorba ha ricordato l'obiettivo del CFT e il suo stile educativo. “Al Centro federale non si viene per contestare se una palla è dentro o fuori. Noi scegliamo uno stile di insegnamento in cui si fanno molte domande e non si danno risposte, in linea col talento, che ha risposte prima che sorgano le domande. Pensiamo che le emozioni devono essere positive e che i comportamenti fanno la qualità dell'aspetto educativo, quindi se predichiamo intensità nel lavoro i nostri tecnici sono i primi che a dimostrarla ai ragazzi. Cerchiamo un baricentro tra allenatori, giocatori e genitori e quel baricentro è nei principi educativi. Dobbiamo guardare il mondo del calcio con gli stessi occhi e questi incontri offrono le occasioni per trovarci tutti insieme. Alla serata è intervenuto anche il presidente dell'Aiac Dante Cudicio e Claudio Canzian, vicepresidente del comitato regionale della Lnd.