Toscana

Diario dal progetto Non solo piedi Buoni - interview con Mattia Biggi.

giovedì 28 novembre 2024

Diario dal progetto Non solo piedi Buoni - interview con Mattia Biggi.

Mi chiamo Mattia e sono un attaccante della squadra Allievi del Don Bosco Fossone. Negli ultimi due anni ho cambiato tre squadre, pur rimanendo sempre nella zona di Carrara, perché ho vissuto alcune piccola difficoltà che per due volte in poco tempo mi hanno portato a trasferirmi. In una squadra giocavo troppo poco e mi trovavo male con il mister, poi in quella dopo non siamo riusciti a raggiungere il numero minimo di ragazzi per iscriverci al campionato. In questi mesi ho continuato ad allenarmi, ma la nostalgia delle partite vere era sempre più forte. Così un mesetto fa sono andato a informarmi a Fossone per sapere se fosse stato possibile tesserarmi anche a campionato iniziato. Ho provato un allenamento e mi sono subito trovato bene. Mi sto inserendo rapidamente nel gruppo squadra, e nel frattempo la pratica per il mio tesseramento sembra a buon punto. Ci tengo tanto a giocare a calcio. Il mio sogno da bambino è sempre stato quello di diventare un calciatore professionista. Ora questo sogno è diventato quasi impossibile, però la passione non è diminuita. A me piace giocare a calcio sempre. Non solo negli allenamenti e nelle partite ufficiali, ma anche al campetto di Avenza e nei 5 contro 5 fra amici, in orari diversi dagli allenamenti, spesso con ragazzi che in una squadra vera nemmeno ci giocano. Mi piace il calcio perché mi rilassa e mi emoziona al tempo stesso. Giocando in attacco ho la fortuna di provare abbastanza spesso la gioia del gol. La frazione di secondo in cui capisci che c’è lo spazio e il tempo per calciare in porta per noi attaccanti è una scarica di adrenalina. E quando il tiro parte e vedi che è indirizzato bene e il portiere non ci può più arrivare, beh, lì è la felicità allo stato puro, da condividere coi compagni che ti vengono ad abbracciare oltre che da festeggiare con la mia esultanza fatta con il dito indice portato ripetutatamente su e giù, come per affettare l’aria magica del gol appena fatto: un’aria che se potessi vorrei ritagliarmi e portarmi a casa come souvenir.
In questo mio primo mese a Fossone sto iniziando a conoscere una società ben organizzata, pur facendo calcio a livello provinciale. E’ bello il campo, sono belli gli spogliatoi, è buona la pizzeria e mi sembrano in gamba allenatore e dirigenti. Che si tratti di una società di calcio speciale ne ho avuto un’altra dimostrazione proprio oggi, quando il mister mi ha invitato insieme a due miei compagni di squadra a partecipare al progetto educativo della Figc “Non solo piedi buoni”. Non mi sarei mai aspettato di essere convocato da un allenatore non in un campo di calcio ma in un circolo per pensionati. I miei compagni di squadra che erano andati prima di me a fare amicizia con i nonni di Marina di Carrara mi avevano spiegato che questo gemellaggio fra noi Allievi del Fossone e questo gruppo di signori e signore coi capelli bianchi va avanti già da un mese e mezzo. Da come ci hanno accolto i nonni che giocavano a carte appena siamo entrati ho avuto la conferma che gli incontri dei mercoledì precedenti erano andati molto bene. Dopo un paio di briscole di riscaldamento, è venuta da noi la signora Luciana che si è presentata come la protagonista della storia di oggi. Luciana ci ha raccontato della sua vita lavorativa come ragioniera prima e come infermiera poi. Ci ha raccontato della sua famiglia: del suo marito, dei suoi due figli, del fidanzato con cui sta insieme ora (pur non abitando con lui) dopo che è rimasta vedova; ci ha fatto vedere la determinazione con cui riesce a camminare anche ora che le sue gambe non la sostengono più come una volta, usando un deambulatore. Dopodiché è entrata in scena sua figlia Sara che ha accompagnato Luciana alla macchina e ci ha invitato a seguire lei e sua mamma per una manciata di chilometri fino alla frazione di Battilana. In questo paesino fatto di case sparse in mezzo alla campagna lungo la via Aurelia Luciana ci ha mostrato tutti i luoghi della sua infanzia, a partire dalla sua casa di quando era bambina dove abita ancora oggi insieme a sua figlia Sara. La vita contadina che ci ha descritto Luciana è qualcosa di difficile anche da immaginare, per me e per i miei compagni di squadra: una vita dove l’acqua potabile in casa non c’era ma si andava a riempire le bottiglie alla fonte e a lavare i vestiti nei lavatoi; dove si cucinava con una griglia messa dentro il camino anziché ai fornelli; dove la tv era solo nella casa dei più ricchi, e si andava a vedere un programma televisivo la sera in casa d’altri portandosi la sedia da casa propria. “Era una vita molto scomoda. Il nostro lusso era andare al mare in bicicletta. La nostra felicità era a Natale quando i parenti ci allungavano qualche spicciolo e respiravamo il clima da favola del presepe e dell’albero decorato. Anche noi bambini stavamo tanto nei campi ad aiutare i nostri genitori a lavorare la terra e prenderci cura degli animali. Ma era una cosa piacevole, in fin dei conti, non forsennata, con dei tempi lenti e zero stress. Nemmeno la paura dei ladri sapevamo cosa fosse, perché essendo poveri non avevamo niente di valore in casa: fatto sta che tenevamo la porta di casa sempre socchiusa, e senza cancelli”. Il cancello in effetti davanti a casa di Luciana non c’è neanche oggi, quasi come una dimostrazione che il modo di vivere di 80 anni fa in questo angolo di Carrara dove non ero mai stato non è una favola ma è storia. E’ stato bello questo viaggio indietro nel tempo dentro la nostra città, dove ho apprezzato il bello dello stare insieme e della solidarietà che c’era a quel tempo fra vicini di casa. Ed è stato bello che quando abbiamo chiesto a Luciana per quale squadra faccia il tifo lei ci abbia risposto: “Per voi! E non vedo l’ora di venirvi a vedere in una delle prossime partite. Questa vostra visita mi ha aiutato ad amare la vita ancora più di prima, unendo la passione per i miei ricordi alla passione per il presente, e anche per il futuro di Carrara, che siete voi”. Come non dedicare a Luciana la mia prossima esultanza?

by Tommaso Giani