Diario dal progetto Non solo piedi Buoni - interview con Lorenzo Galli.
giovedì 7 novembre 2024
Mi chiamo Lorenzo e sono un centrocampista offensivo della squadra Juniores della Nuova Grosseto. Quando gioco ci metto tantissimo agonismo, io lotto su ogni pallone e fino all’ultimo briciolo di energia. La mia specialità fin da bambino è la “maledetta”: i calci di punizione di esterno sinistro che superano la barriera e poi si abbassano all’improvviso mettendo in difficoltà il portiere. La passione per il calcio me l’hanno trasmessa il mio nonno, che tanti anni fa è arrivato a giocare in serie B con la Lucchese, e il mio babbo, che anche lui ha giocato tanto e ora fa l’allenatore nelle squadre giovanili. I miei primi ricordi che ho da bambino sono con un pallone fra i piedi: nel cortile sotto casa del mio nonno, a palleggiare contro il muro usando il garage come porta per ore e ore… Per un bimbo così in simbiosi con il pallone è stato naturale scegliere il calcio come sport da praticare anche a livello agonistico. Sono arrivato a giocare nel Grosseto, poi due anni fa ho attraversato un momento buio. Giocavo poco sia nel Grosseto (a causa di un infortunio) sia nella squadra in cui andai dopo, l’Invicta Sauro. Le cose mi andavano male: stavo accumulando stress e tristezza. Poi l’anno scorso ho deciso di cambiare squadra, passando alla Nuova Grosseto: sono sceso di un gradino, dal livello regionale a quello provinciale, e soprattutto ho trovato un bellissimo gruppo di amici; nella squadra dove sono ora il calcio è tornato a essere un divertimento, e la vittoria del campionato lo scorso anno è stata una grande emozione. Ricordo ancora oggi l’assist che ho regalato a un compagno di squadra per il gol nella partita decisiva contro il Roselle, all’ultima giornata. Quest’anno, pur restando nella Nuova Grosseto, il livello della squadra è di nuovo salito, passando dagli Allievi alla Juniores e dal campionato provinciale a quello regionale. A volte mi tocca partire dalla panchina e per me non è facile da accettare. E’ dura stare in panchina, perché sai che quando toccherà a te avrai solo pochi minuti a disposizione per fare qualcosa di importante per la squadra: quando entro negli ultimi minuti vorrei spaccare il mondo e per la furia di dimostrare tutto e subito rischio di farmi prendere dal nervoso, e sbaglio. Sono uno di quei ragazzi a cui la parola di troppo contro un ragazzo avversario a volte scappa: però non lo faccio apposta, di solito mi pento della parolaccia subito dopo averla detta, e alla fine della partita chiedo scusa. Piano piano sto imparando a gestire meglio le emozioni, soprattutto la rabbia. Certo, l’ambiente degli adulti che gira intorno al calcio non aiuta noi ragazzi più emotivi a mantenere la serenità. Sugli spalti in questi anni ho sentito dire dai genitori delle offese bruttissime: tipo “figlio di…” detto da un babbo a un ragazzino della squadra avversaria di soli 15 anni. Per non parlare dei babbi che pagano delle cifre vergognose alle squadre importanti di serie C per far giocare titolare il proprio figlio anche quando quel ragazzo non se lo merita. Che stupidi, quei genitori: illudono il figlio che poi comunque, una volta finite le giovanili, verrà scaricato; e poi rendono il figlio odioso agli occhi dei compagni che gli danno del raccomandato. Anche ragazzi come questi per colpa degli adulti accumulano rabbia e pressioni quando vanno in campo, e il divertimento di giocare scompare.
Sono contento di giocare nella Nuova Grosseto non solo per il clima di famiglia che si respira agli allenamenti, nello spogliatoio e in campo; ma anche per la proposta che ci hanno fatto i dirigenti quest’anno chiedendoci di partecipare al progetto Figc “Non Solo Piedi Buoni”. Grazie a questo progetto la nostra squadra a piccoli gruppi sta andando a trascorrere ogni lunedì pomeriggio nella sede dell’associazione “La Farfalla”, specializzata in terapie del dolore per persone malate di cancro. All’inizio avevo paura: non sapevo cosa aspettarmi, pensavo che con queste persone malate noi ragazzi giovani ci saremmo trovati in imbarazzo. In realtà una volta arrivato mi sono subito sentito a mio agio. La presidente dell’associazione, Loriana, ci ha presentato un sacco di donne coraggiose. Stefania, una donna che ha perso il suo compagno malato di cancro e che dopo la morte di lui ha scelto per amore di impegnarsi come volontaria nell’associazione La Farfalla di cui il suo fidanzato era vicepresidente. Abbiamo conosciuto anche Rosalba e Roberta, due signore che si stanno sottoponendo alla chemioterapia e non hanno avuto paura di raccontarci il loro percorso di malattia e di cura: io, Carmelo e il mio compagno di squadra Matteo abbiamo capito che alla Farfalla si trovano sì delle cure per lenire il dolore delle chemio, e si trova anche un supporto psicologico importante sia per i pazienti sia per i familiari; si trova perfino un mini-appartamento per i pazienti che devono curarsi a Grosseto e non possono tutti i giorni fare su e giù con paesi distanti; si trova tutto questo, insomma, ma si trova soprattutto una seconda famiglia. Alla Farfalla le persone malate, i loro familiari, i volontari, le psicologhe e gli infermieri fanno amicizia fra di loro, si fanno compagnia e si fanno coraggio a vicenda. Mi sono emozionato a vedere quanto sia piena di importanza in questo posto la parola “insieme”. E’ bello per noi della Nuova Grosseto sapere che un piccolo pezzettino di questo meraviglioso gioco di squadra della Farfalla possiamo mettercelo anche noi, con un briciolo di empatia e di buonumore, con un pallone per fare due passaggi in giardino con un bambino malato e con i suoi due fratellini, e poi puntando tutto sulla spontaneità, come viene viene. Il risultato finale? Sono tornato a casa felice.
by Tommaso Giani