Toscana

Diario dal progetto Non solo piedi Buoni - interview con Erica Catarsi

martedì 8 ottobre 2024

Diario dal progetto Non solo piedi Buoni - interview con Erica Catarsi

Mi chiamo Erica e sono una centrocampista della Bellaria under 17. Il primo ricordo che ho di me con il pallone fra i piedi è quando avevo 6 anni e giocavo con il mio fratellino di 2 anni con una palla di spugna, di quelle che ci puoi giocare anche in casa colpendo qualunque cosa senza romperla. Palleggiando per ore con quella palla di spugna mi sono innamorata del calcio. Ai tempi delle elementari e delle medie come sport ufficiale ho fatto pallavolo, anche perché 10 anni fa il boom del calcio femminile doveva ancora arrivare. Però la mia fissa per il pallone continuava. Alle elementari durante il gioco libero mi mescolavo sempre con i maschi per giocare a calcio con loro, fregandomene di cosa pensavano gli altri di questa mia passione fuori dai modellini maschio/femmina. Poi mi sono appassionata ancora di più andando a vedere le partite dei Pulcini del mio fratellino, e poi anche quelle dei dilettanti del mio babbo, che alla sua età gioca ancora. E poi in tv le partite dell’Inter, la mia squadra del cuore. E così a un certo punto, un anno e mezzo fa, ho deciso di fare il grande passo. Cambio di sport. Addio pallavolo, nonostante mi abbia lasciato tanti bei ricordi. E via con il calcio, grazie alla dritta del mio babbo che mi suggerì di iscrivermi alla Bellaria di Pontedera. Pensate che l’anno scorso la Bellaria non aveva ancora la squadra delle under 17 in cui gioco ora. E così l’unica possibilità era giocare in prima squadra, a 15 anni! All’inizio sembrava una follia. Ma allenamento dopo allenamento capii che ce la potevo fare, nonostante i primi contrasti contro le donne grandi siano stati abbastanza traumatici. La gioia più bella sul campo di calcio è arrivata circa un anno fa. Terza giornata del campionato di Promozione, Bellaria-Galcianese. Il mister mi butta nella mischia nei minuti finali, schierandomi in attacco. Eravamo sotto di 2-0. Ricordo che una mia compagna provò un lancio in avanti: ci fu una deviazione della difesa che cambiò improvvisamente la traiettoria e la palla arrivò a me, al limite dell’area. Mi dissi che ci dovevo provare. Chiusi gli occhi e caricai il destro. Li riaprii e la palla era dentro. Rimasi immobile, paralizzata da un’emozione incredibile. Subito dopo l’abbraccio di tutte le mie compagne, alcune delle quali potevano essere mia mamma, mi travolse. Che bellezza…
Quest’anno fa strano giocare con le ragazze pari età, nella mia categoria giusta. L’esperienza dell’anno scorso nel calcio dei grandi di sicuro mi è servita, a livello di carattere e di personalità. Ora non ho più paura di niente. Non a caso il mister mi ha cambiato ruolo e ora mi schiera in mezzo al campo, più o meno nello stesso ruolo del calciatore dei miei sogni, Paul Pogba, sempre nel vivo del gioco. Non vedo l’ora di iniziare il campionato. E vi dico la verità, non invidio i miei coetanei del calcio maschile. Io non voglio che il calcio diventi un lavoro, un compito come a scuola. Il calcio per me è uno spazio di libertà: gioia allo stato puro. E purtroppo tanti ragazzi maschi della mia età se lo scordano cosa sia la gioia di giocare a calcio. Osservo i miei amici che giocano, e vedo tanta pressione: dai genitori, dagli allenatori, addirittura qualche ragazzo che conosco ha già il procuratore che lo dirige come un soldatino. Meglio il calcio di noi ragazze, povero ma felice. E poi il calcio femminile è felice non solo perché è libero, ma anche perché sta crescendo. Ogni anno iniziano a giocare sempre più ragazze e ci sono sempre più squadre. Il livello crescerà ancora. E anche voi che leggete dovreste iniziare a guardare un po’ di calcio femminile: anche se c’è meno intensità e meno potenza, la bellezza di un gesto tecnico da noi è bella come o più che nel calcio dei maschi.
Sono contenta anche di avere iniziato proprio oggi, insieme alle mie compagne di squadra Virginia e Alessia, il progetto della Figc che ci sta facendo conoscere da vicino i ragazzi e gli educatori della comunità per minori di Pontedera. E’ stata la primissima volta e quindi un po’ di imbarazzo ci stava, prima di rompere il ghiaccio. Da questo primo assaggio, con un gioco di conoscenza attraverso il disegno e con un po’ di gioco libero palleggiando a calcio insieme in giardino, mi è rimasta tanta curiosità di conoscere le storie di questi ragazzi e ragazze della nostra età, e di fare amicizia con loro. Sapendo che loro arrivano da situazioni familiari difficilissime che li hanno portati a vivere lontani dai genitori, io li ammiro tanto, per la forza che ci mettono nell’affrontare le difficoltà che la vita gli ha messo davanti. Sono rimasta colpita nel sentirli comunque vicini a me, ragazzi come noi. Che vanno a scuola, che fanno sport, che hanno i loro progetti e i loro cantanti preferiti. Spero che in questa stagione appena cominciata noi bimbe della Bellaria e i ragazzi della comunità ci facciamo un bel tifo indiavolato gli uni per gli altri. Noi continueremo a venire a trovarli, e ovviamente li aspettiamo al campo a qualcuna delle nostre partite, per festeggiare insieme le nostre imprese.

by Tommaso Giani