Toscana

Non Solo Piedi Buoni - La Partita

martedì 18 febbraio 2025

Non Solo Piedi Buoni - La Partita

Nel mio girovagare per la Toscana sulla scia di giovani calciatori che fanno volontariato in un luogo della loro città dove si incrociano storie di vita fuori dall’ordinario, ho a che fare ogni mese con decine di ragazzi di diverse squadre. La maggior parte di questi ragazzi li conosco appena perché li vedrò cinque o sei volte nell’arco di tutto l’anno: vivono questa esperienza di servizio e di “scuola di vita” insieme a me in modo sporadico, perché ce li manda il mister o un dirigente (mio alleato educativo insostituibile). 

Di sicuro passando qualche ora in una casa famiglia o in un dormitorio per persone senza casa o in un centro diurno per disabili fanno qualcosa di buono che non dimenticheranno: poi però la loro vita quotidiana (scuola, amici, sport) continua come normale che sia su sentieri lontani dal mio. 

Questo il quadro generale, dentro al quale tuttavia spiccano alcune eccezioni: eccezioni luminose che sono le punte di diamante della mia “squadra di squadre”; ovvero quei pochi ragazzi che a differenza degli altri non aspettano che “tocchi di nuovo a loro” per tornare a trovarmi nella mission di volontariato assegnata alla loro squadra, ma che la settimana dopo li ritrovo di nuovo lì, appassionati, curiosi, coinvolti al massimo. 

E quando finisce l’incontro queste eccezioni non se ne vanno subito, ma restano con me a chiacchierare, a prendere un caffè insieme, a parlare del calcio e della vita, a fare domande e a cercare di capire qualcosa in più di quella parte di città che stanno scoprendo insieme a me. 

Alcune di queste eccezioni, che mi fanno toccare il cielo con un dito per la felicità, si annidano tra le maglie arancioni del Capostrada, la mia squadra del cuore di Pistoia, che io accompagno il mercoledì pomeriggio nel carcere della loro città per fare amicizia con i detenuti. 

E una di queste eccezioni, forse la più eccezionale di tutte, non poteva che essere il capitano della squadra: il centravanti Kleidi, trascinatore in campo, ma anche protagonista del progetto “Non solo piedi buoni”, con all’attivo già una decina di partitelle con i suoi compagni di squadra dentro le mura della casa circondariale. Kleidi è anche rimasto in contatto con uno dei nostri amici detenuti che un paio di mesi fa è tornato in libertà: oggi lo aspettavamo al campo a fare il tifo per il Capostrada, ma purtroppo un contrattempo familiare lo ha costretto a dare forfait. In compenso oggi come tifoso speciale dei ragazzi in maglia arancione ci sono io, che sento tutto il bene che mi vogliono questi ragazzi, e che quindi (dopo tanti pomeriggi in carcere insieme, per portare ai detenuti un po’ di amicizia e di fiducia negli esseri umani) sono contento matto di sostenerli anche sul campo, in questa partita fra l’altro importantissima per la corsa salvezza in cui sia il Capostrada sia il Via Nova sono invischiate fino al collo.

Alla fine del primo tempo si registrano strani movimenti nello spogliatoio dell’arbitro, dove il direttore di gara (con grande cavalleria) rinuncia all’intervallo al calduccio per lasciare la sua stanza a disposizione di Emma. Emma è il terzino sinistro di una squadra pistoiese dei Pulcini che ha giocato fino a pochi minuti fa in questo stesso campo sportivo di Pistoia. “Come sempre per me fare la doccia dopo la partita è un bel problema - mi spiega l’unica calciatrice di oggi in mezzo a un esercito di maschietti - perché nello spogliatoio dei miei compagni non è possibile, e così spesso mi tocca chiedere il permesso all’arbitro di fare la doccia velocemente prima di lui”. Negli anni della scuola calcio (6-13) le squadre femminili praticamente non esistono e le bimbe possono giocare nella stessa squadra coi maschi. Le bambine calciatrici continuano a essere una minoranza sparuta in questo sport ancora a stragrande maggioranza maschile: però il loro numero pian piano sta crescendo, anche e soprattutto grazie a giovanissime, originalissime e coraggiosissime pioniere come la piccola grande Emma.

Al termine della partita odierna, intorno agli spogliatoi del campo Bonelle si attardano solo i padroni di casa nonché vincitori di giornata. Ci ritroviamo così per i saluti finali al bar di Michele, dove in compagnia di qualche genitore mi fermo a raccontare l’esperienza di servizio in carcere che stanno facendo i loro figli: le mamme sono entusiaste e orgogliose dell’impegno dei ragazzi. Alcuni dei nostri beniamini passano di corsa dal bar del campo sportivo prima di tuffarsi in sabati sera di lavoro nei ristoranti o di divertimento con gli amici: in diversi mi salutano con affetto. “Grande Tommy, ci vediamo mercoledì pomeriggio”. 

Mancano ancora una decina di mercoledì da vivere insieme ai detenuti, giocando a pallone con loro e ascoltando racconti sulla loro detenzione e sulle loro vite. 

Poi il progetto della Figc SGS si concluderà. 

La mia grande speranza però è che l’attenzione e la cura che questi ragazzi stanno dedicando in questi mesi al carcere della loro città non finiscano con la mia presenza. La mia speranza è che il Capostrada continui a varcare quel cancello e a calcare quel campetto di calcio attorniato da muri e finestre sbarrate anche quando io non sarò più operativo insieme a loro. La mia speranza al momento di cominciare il progetto era solo un’aspettativa vaga e condita da mille incognite. Ora che sono passati quattro mesi e che sento l’affetto di Kleidi e dei suoi compagni, e la loro voglia di rilanciare l’azione, e la loro consapevolezza dell’importanza di quello che stanno facendo per i detenuti, per la loro città e per loro stessi… beh, sentendo tutto questo la mia speranza è diventata molto più concreta: solida, spumeggiante e pallonara. Come la nostra amicizia.

     A cura di Tommaso Giani