Sabato a Torino la finale di UEFA Women's Champions League. Mantovani: "Sarà un evento straordinario"
Prima la sfida tra Barcellona e Lione allo Juventus Stadium, poi quella tra Roma e Juventus a Ferrara che assegnerà la Coppa Italia. Il presidente della Divisione Calcio Femminile: "Abbiamo creato una strategia per lo sviluppo del movimento, felici di vedere i risultati. Ma c'è ancora da fare"lunedì 16 maggio 2022
Il 21 maggio, per il calcio femminile italiano, sarà un giorno speciale. A distanza di sei anni dal match tra Wolfsburg e Lione giocato a Reggio Emilia, sarà lo Juventus Stadium a ospitare la finale della UEFA Women's Champions League tra Barcellona e Lione. Un evento, questo, che si inserisce in un momento di grande trasformazione del calcio femminile in Italia: il prossimo campionato di Serie A sarà professionistico. Un percorso portato avanti da anni dalla Figc e dalla Divisione Calcio Femminile presieduta da Ludovica Mantovani. "Siamo orgogliosi di quanto fatto - spiega Mantovani -, ma tanto c'è ancora da fare. E' grande, però, la felicità di poter tornare a ospitare la finale di UEFA Women's Champions League, con due grandi squadre come Barcellona e Lione".
Presidente Mantovani, quali sono le tappe che hanno portato al professionismo nel calcio femminile?
"Il percorso è iniziato con l'obbligo di istituire un settore giovanile femminile per tutti i club professionistici e si è concluso con la delibera del Consiglio Federale del 2020 che ha ufficializzato l'istituzione del primo campionato professionistico di Serie A. Solo per i prossimi due anni, inoltre, ci sarà la possibilità per i club professionistici maschili di acquisire il titolo sportivo di una squadra femminile".
Cosa cambierà con l’avvento del professionismo?
"Cambierà molto grazie alle figure professionali e alle strutture per le ragazze messe a disposizione dai club. Un aspetto, questo, che ha accelerato il processo di crescita del movimento. Dico sempre che le ragazze mondiali del 2019 ce l'hanno fatta da sola, mentre le future generazioni come quella Under 19 che disputerà l'Europeo provengono dai centri federali e sono cresciute con la professionalità che hanno messo i club dal punto di vista degli staff e delle strutture. Ci saranno pari diritti e pari dignità, perché il calcio è di tutti e per tutti. Le licenze nazionali, inoltre, introdurranno l'obbligatorietà di figure tecniche. Questo non è un passaggio che si fa in un giorno: ci sono voluti anni, ma la strada è tracciata".
Com’è la situazione in Italia in confronto con quella europea e mondiale?
"Dal punto di vista della competitività, il nuovo format del campionato di Serie A che abbiamo lanciato renderà il torneo più avvincente. Ci saranno più partite, con una poule scudetto e una poule salvezza dopo la regular season. Qualcosa andava cambiato: il prodotto deve crescere, distribuendo fondi anche per le infrastrutture, dando alle ragazze tutele dal punto di vista assicurativo. Tutto questo a favore dello spettacolo tecnico. La Juventus, in Champions, ha fatto un grande percorso, che dimostra come il calcio italiano stia salendo di livello. Da un punto di vista delle strutture, dobbiamo prendere esempio dalla Fiorentina, che sta costruendo nel Viola Park un mini-stadio che è esattamente in linea con quello di cui abbiamo bisogno a livello di impiantistica".
Cosa c’è in serbo nel futuro del calcio femminile?
"Durante la pandemia federazione ha lavorato a una strategia per i prossimi quattro anni, con obiettivi chiari. Non dobbiamo dimenticarci della base, delle categorie inferiori e del lavoro sul settore giovanile, che dà alle bambine la possibilità di avere accesso a questo sport. Una strategia che permetta di arrivare a un professionismo sostenibile. Adesso bisognerà trovare delle risorse, per far conoscere ancora di più il nostro mondo e dargli stabilità".
Che differenze ci sono tra le calciatrici di oggi e di ieri?
"Alcune delle nostre calciatrici sono role-model per le nuove generazioni. Esempi che richiedono grande responsabilità, non solo per la performance in campo ma per tutto il resto. La grande differenza è che le calciatrici di oggi hanno a disposizione strumenti impensabili rispetto a qualche anno fa per la promozione di loro stesse, del loro club e di tutto il movimento. Dal punto di vista della passione, invece, non è cambiato niente: chi gioca, gioca perché ha voglia. Il calcio deve essere una scelta. E questa è un'apertura culturale che rende felicissima me e tutti quelli che hanno a cuore il calcio femminile".