Dagli albori al 1968: le "pioniere" del calcio femminile in Italia

A Milano il “Gruppo Femminile Calcistico” ha vita breve negli anni '30, nel '65 un remake di Inter -Bologna al Femminile

Dagli albori al 1968: le

Dalle diverse ricostruzioni storiche, la prima traccia rilevante del calcio femminile in Italia risale agli anni ’30: a Milano viene costituito il “Gruppo Femminile Calcistico” che avrebbe però avuto vita breve per le resistenze sociali coerenti con la visione del ruolo della donna nell’epoca, ancora di più negli anni del regime.

 

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Grazia Barcellona, una delle "Giovinette" milanesi degli anni '30

Dopo la guerra, a Trieste nel 1946 vengono fondate due squadre femminili (la Triestina e la San Giusto), che organizzano una serie di partite in tournée anche per promuovere il ritorno di Trieste all’Italia. A metà deglianni ’60, poi, mentre Inter e Milan diventano protagoniste in Europa, con i successi in Coppa Campioni, a Milano un altro episodio “promozionale” fa parlare delle donne nel calcio: nel 1965, Valeria Rocchi (calciatrice), con il supporto dell’allora presidente dell’Inter Angelo Moratti, decide di organizzare una rievocazione al femminile dello spareggio Bologna–Inter per lo scudetto maschile 1964.

 

Quella partita-spettacolo diventa una sorta di spartiacque: tre anni prima, nel 1962, Rita Pavone conquista la fama cantando “La partita di pallone” (autori Edoardo Vianello e Carlo Rossi), che, con un pizzico di autoironia, coglie l’essenza degli stereotipi dell’epoca e, quasi senza dirlo, insinua un desiderio di cambiamento nella società; una donna si chiede perché il suo compagno la lasci sempre sola la domenica “per andare a vedere la partita di pallone” e si chiede “perché una volta non ci porti pure me?”.

I DIRITTI DELLE DONNE. Un lungo percorso quello che le calciatrici compiono dunque tra il 1933 e il 1968 nel quale, a modo loro, tante ragazze combattono pregiudizi, nella società, ma anche tra gli amici o in famiglia, perché il diritto delle donne di scegliere uno sport come il calcio era di fatto negato o comunque osteggiato.

E mentre le donne italiane affermano il loro diritto di giocare a calcio, il Paese inizia ad affrontare il suo debito nei confronti dei diritti delle donne: una ragazza siciliana appena diciottenne, Franca Viola, figlia di una coppia di contadini di Alcamo, diventa il simbolo dell'emancipazione delle donne italiane e di una parte del Paese che non accetta più istituti giuridici come il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Franca, dopo aver rotto il fidanzamento con Filippo Melodia, arrestato per furto e appartenenza a banda mafiosa, è rapita dal suo stesso ex fidanzato, con 12 amici, torturata e violentata, poi segregata per otto giorni fino all’incontro dei rapitori con i genitori della ragazza per mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare le nozze.

Fino a quel momento, infatti, una ragazza che subiva una simile vicenda aveva solo una scelta possibile: sposare il suo stupratore e salvare l’onore personale e quello della famiglia. Secondo l'articolo 544 del codice penale, infatti "per i delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530, il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali". Il matrimonio salvava l’onore della ragazza e rendeva innocenti l’autore della violenza, considerata oltraggio alla morale e non reato contro la persona e i suoi complici. Una morale alla quale, però, Franca Viola si rifiutò di piegarsi, accettando il disonore e consentendo che Melodia fosse condannato nel 1967 a 11 anni di carcere (poi ridotti a 10).

Sarebbero trascorsi altri 14 anni dopo quella condanna prima che l’Italia abrogasse quella norma (1981), insieme a quella sul delitto d’onore, lo sconto di pena riconosciuto solo all’uomo in caso di omicidio della donna che avesse arrecato ‘disonore' alla propria reputazione e quello di chi avesse perpetrato con lei la condotta ‘disonorevole'. E ben 29 anni prima che la legge riconoscesse lo stupro non più come un reato «contro la morale» ma «contro la persona» (1996).

AZZURRO SHOCKING Un percorso raccontato magistralmente in “Azzurro Shocking, come le donne si sono riprese il calcio”, documentario sul calcio femminile in Italia realizzato da RAI in collaborazione con la FIGC e trasmesso alla vigilia dell’Europeo 2022, quando, grazie all’intraprendenza di uomini e donne quel big bang iniziato a Viareggio diventava un nuovo ecosistema, che riconosceva alle donne il diritto di giocare a calcio per professione, scardinando l’ultimo “sancta sanctorum” maschile, oltre 20 anni dopo che alle donne era stato riconosciuto il diritto di potersi arruolare nelle Forze Armate (il servizio militare femminile effettivo, su base volontaria, è stato introdotto con la legge delega 20 ottobre 1999, n. 380, attuata poi con il d.lgs. 31 gennaio 2000, n. 24 e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 marzo 2000, n. 112). Le voci delle Azzurre di oggi, e di quelle di tante donne che hanno scelto di diventare calciatrici nonostante i pregiudizi, o di vivere il calcio come dirigenti, arbitri, allenatrici e giornaliste, affrontando anche in quei casi stereotipi comunemente radicati nella cultura del Paese, fanno capire come il loro sogno di “riprendersi il pallone” sia molto di più di una storia sportiva.

Il documentario, nel 2023, si è aggiudicato il premio nella categoria Sports Documentary dei Rockie Awards 2023, conferito dal prestigioso Banff World Media Festival, rassegna internazionale che si svolge in Canada.