Attualità

TEP: Lippi e Collina, un contributo di esperienza al servizio del calcio

mercoledì 5 novembre 2008

TEP: Lippi e Collina, un contributo di esperienza al servizio del calcio

La lunga giornata fiorentina è proseguita nel pomeriggio nell’Aula magna del Centro tecnico, dove  il Designatore arbitrale Pierluigi Collina e il Commissario tecnico Marcello Lippi hanno introdotto il dibattito parlando della propria esperienza personale in seno alla FIGC.  
“Questa è anche la casa degli arbitri dove l’AIA tiene 24 stage stagionali, oltre al raduno estivo di preparazione estiva nel centro di Sportilia – ha attaccato Collina - Stiamo cercando di introdurre un concetto ben preciso perché crediamo che gli arbitri siano atleti e l’arbitraggio di conseguenza richieda una preparazione specifica e adeguata”. Il percorso intrapreso dalla FIGC è in linea con la filosofia propria del Top Executive Program: “Da qualche tempo partecipano ai nostri stage anche arbitri provenienti da altre federazioni, l’anno scorso tra gli altri da Montenegro, Russia, Malta, e contiamo che possa proseguire in futuro. L’arbitraggio è un punto chiave nella struttura del calcio. La UEFA ritiene sia importante investire negli arbitri, non solo nel vertice, ma anche alla base”. Collina ha quindi offerto una panoramica più specifica sullo schema di preparazione introdotto nel corso delle ultime due stagioni, un progetto che contempla come noto una preparazione fisica mirata e relativo controllo dei parametri, video-analisi, sedute di allenamento differenziate    funzione del ruolo e impiego in gara. Interpellato sull’esperimento relativo ai due arbitri di linea schierati dietro le porte, condotto di recente in Slovenia e che ha visto coinvolti cinque arbitri italiani, Collina ha espresso una valutazione positiva. “E’ stato un grande onore per i nostri arbitri, e merita senza dubbio di essere approfondito. Prima di fornire una valutazione nel merito, penso però che sia più importante ascoltare i commenti dagli arbitri che lo hanno testato, peraltro positivi. A differenza di un precedente esperimento che vedeva impiegati due arbitri operanti all’interno del terreno di gioco, questa soluzione sembra fornire il pieno controllo su ciò che accadeva in campo. Se il prossimo test a Cipro sarà positivo, ritengo che dovremmo elevarne il livello su uno standard superiore. La cosa più importante – ha concluso - è che rimanga centrale la figura dell’arbitro, incaricato di prendere la decisione unica e finale”.

Nell’intermezzo, è stato presentato un video che celebra i 50 anni di vita del Centro Tecnico, attraverso immagini di archivio e una illustrazione completa sulle molteplici attività svolte sul piano della formazione di atleti, tecnici e arbitri.

Quindi è  stata la volta  di Marcello Lippi. “Per me vedere Coverciano è il coronamento di un sogno, l’ho frequentato sin da ragazzino quando facevo parte delle rappresentative giovanili. Sono arrivato sino alla U23 con Bearzot allenatore e mai immaginavo che un giorno avrei raggiunto il traguardo che tagliò lui nell’’82. Chiunque giochi al calcio sogna di raggiungere la Nazionale, così come chi allena sogna un giorno di guidare la Nazionale – ha detto il CT azzurro, che ha ripercorso con entusiasmo contagioso le tappe salienti della sua carriera culminata nella conquista della Coppa del Mondo 2006. – “Dopo gli anni alla Juve, sentivo la necessità di staccare un po’, per poi riprendere a fare il mio lavoro. Se non che nel 2004 la Nazionale fu purtroppo eliminata dal Portogallo, come due anni prima dal mondiale in Asia. In quel momento ricevetti la telefonata della FIGC, non esisteva più nulla, solo la voglia di andare in giro a spiegare il significato di indossare quella maglia, la mia filosofia: nei ritiri delle squadre, a tutti i giocatori di tutte le età. C’era soprattutto da ricostruire una squadra, un gruppo di persone sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda, pronte a mettere a completa disposizione degli altri le proprie qualità. Quando si costruisce una nazionale, non è detto che si debba pensare al gruppo dei migliori giocatori espressi da una nazione, ma a una squadra dove tutti siano disposti a mettersi a disposizione del gruppo, disciplinata, e che possa garantire una continuità di rendimento costante. Per costruire dei gruppi vincenti bisogna che esistano i presupposti psicologici importanti che ho detto, coinvolgere tutti in questo progetto, dare loro una sensazione di programmazione”. Trasferendo – è stata la chiosa del presidente federale Giancarlo Abete - assieme alla professionalità anche grande entusiasmo”.