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Sentenza sul caso Bernard. Abete: “Tutelare i vivai in sede europea”

mercoledì 17 marzo 2010

Sentenza sul caso Bernard. Abete: “Tutelare i vivai in sede europea”

“La Federazione Italiana Giuoco Calcio provvederà a compiere ulteriori approfondimenti con il proprio ufficio legale in relazione alla sentenza emessa ieri dalla Corte di Giustizia Europea di Lussemburgo sul cosiddetto caso Bernard”.  Lo ha dichiarato il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete al quotidiano Il Corriere dello Sport, commentando l’esito del dibattimento che ha sancito un ulteriore principio giuridico in materia di indennizzo dovuto da un club professionista per le spese di formazione dei giovani calciatori. “Le normative esistenti prevedono già un indennizzo in tal senso – ha sottolineato Abete - Bisognerà ora determinarne le dimensioni, ovvero stabilire se è in linea con il valore del calciatore che è stato formato e ha deciso di trasferirsi all’estero, e verificare se risarcisce pienamente il danno subito dall’attività di formazione nel suo complesso”.  

Il pronunciamento del massimo organo giuridico dell’Unione Europea, secondo il quale “i calciatori che lasciano il club nel quale sono cresciuti e firmano un contratto da professionisti con un’altra società, sono tenuti a versare un indennizzo alla società di origine”, investe in maniera sostanziale il caso di Vincenzo Camilleri. Come noto, il difensore della Reggina e delle Nazionali giovanili nel marzo del 2008 fu oggetto di contenzioso per un trasferimento dal proprio club di appartenenza al Chelsea, e indusse il presidente Abete a muovere dei passi ufficiali in sede UEFA con l’obiettivo di individuare soluzioni atte a tutelare i vivai calcistici nazionali. 

Da allora il processo di riflessione avviato tra le varie federazioni europee ha compiuto dei progressi significativi. “Nel corso della recente riunione consultiva di Glasgow – spiega il presidente della Federcalcio -  sono emerse due ipotesi di adeguamento delle normative vigenti: l’innalzamento da 16 a 18 anni dell’età in cui è possibile firmare il primo contratto professionistico, e in tal senso bisognerà vedere se questo lede il principio in base al quale i contratti professionali in tutto il mondo lavorativo possono essere siglati a 16 anni. Oppure l’obbligo per i giovani calciatori di firmare il primo contratto professionistico con il club formatore”. La compatibilità tra questi indirizzi, la legislazione europea in materia di diritto del lavoro e libera circolazione dei lavoratori, e i principi sanciti dalla sentenza di Lussemburgo, sarà nei prossimi mesi oggetto di ulteriore analisi e dibattito.