Attualità

Scomparso Lovati, bandiera della Lazio, protagonista di un altro calcio

mercoledì 30 marzo 2011

Scomparso Lovati, bandiera della Lazio, protagonista di un altro calcio

Era un grande intenditore di calcio, uno sportivo vero. Amava il gioco del pallone, ma in particolare la “sua” squadra, la Lazio. Se ne è andato in silenzio, Roberto Lovati, nel sonno. In punta di piedi, da solo, come lui stesso – da grande portiere quale è stato – diceva di essere. Scrisse anni fa per un giornale di Roma un articolo dal titolo “La solitudine dei numeri 1”, in cui spiegava lo stato d’animo di chi vive la partita tra i pali, lontano dal resto della squadra, dai compagni che gioiscono quando segnano un gol, solo al momento di una parata decisiva o di un errore che condiziona il risultato.
Al di là del suo carattere burlone, apparentemente estroverso e socievole, Lovati, Bob per tutti, nella vita privata coltivava pochi affetti, un figlio, Stefano, oggi medico ortopedico affermato (nello staff della Lazio), due nipotine, Ludovica e Maria Sole, la nuora Daria, pochi amici. Ma soprattutto la Lazio.
Nato a Cusano Milanino – “lo stesso paese di Giovanni Trapattoni”, diceva sempre quando gli chiedevano delle sue origini - il 20 luglio 1927,  il suo ruolo è sempre stato tra i pali, dai dilettanti del Gerli, dove iniziò la sua carriera, fino a quando decise di abbandonare il calcio giocato. Prima di incontrare il grande amore della sua vita, la Lazio, è passato dal Pisa alla fine degli anni ’40, poi dal Monza, quindi dal Torino dove esordì in serie A.
Dal Nord arrivò nelle capitale nel 1956, sei stagioni a difendere la porta biancoceleste. In Nazionale fu di passaggio, soltanto per due partite, esperienza breve e intensa, forse troppo. Buono l'esordio contro l'Irlanda del Nord (gli azzurri vinsero 1-0), che poi eliminò l'Italia che non partecipò alla fase finale del Mondiale di Svezia. Ma il 2 maggio 1957, durante la trasferta a Zagabria, Lovati fu battuto per ben sei volte dalla Jugoslavia: in quella circostanza i tifosi della Roma coniarono un soprannome “Bob a 6” sul quale ci scherzava spesso sopra. Ma non troppo. Come in occasione dei derby, che viveva con particolare trasporto, anche a causa della sua “bestia nera”, quel Dino Da Costa che in un modo o nell’altro riusciva sempre a fargli gol. Simpatico, sorridente, sempre con la battuta pronta, mai polemico o fuori luogo nelle interviste che rilasciava, riuscì a farsi volere bene anche dal pubblico della Roma.

Con la maglia biancoceleste Lovati vinse la Coppa Italia del 1958. Nel 1961 l’addio al calcio giocato; da quel momento è diventato un punto di riferimento per la società biancoceleste, ricoprendo tutti i ruoli: istruttore dei giovani, osservatore, dirigente, vice-allenatore e allenatore della prima squadra, che ha preso in mano spesso nei momenti più difficili. Ebbe un rapporto speciale con il presidente Umberto Lenzini e soprattutto con Tommaso Maestrelli: lo aiutò in campo e fuori, come mediatore di quella Lazio che nel '74 vinse lo scudetto, piena di campioni ma anche di personalità forti. Quando Maestrelli si ammalò, Bob prese le redini della squadra gestendo un periodo molto difficile. Successivamente sedette sulla panchina biancoceleste in coppia con Giancarlo Morrone e con Roberto Clagluna: lanciò in prima squadra diversi giovani tra i quali Massa, Montesi e Tassotti. E per molti giovani è stato un esempio importante con i suoi racconti di un altro calcio nella parlata milanese che, in tanti anni di Roma, non era riuscito a perdere.
E’ stato un punto di riferimento anche per lo stadio Olimpico: alto, di bella presenza, di grande carisma, era conosciuto da tutti, anche da chi non tifava per la squadra laziale che ha accompagnato fino all’ultimo, fino al derby che la Lazio ha perso il 13 marzo scorso contro la Roma.  
La Lazio è in lutto per la scomparsa di un campione e di un grande uomo. Ma è in lutto tutto il mondo del calcio che perde un protagonista leale, un pezzo della sua lunga storia.

Nella foto: Bob Lovati con Tommaso Maestrelli: era il 1974, l’anno in cui la Lazio vinse lo scudetto