“ReportCalcio”: crescono i ricavi da diritti Tv, calano gli spettatori
lunedì 14 aprile 2014
Cresce il valore della produzione del calcio professionistico italiano nel 2012/2013 (2696 milioni, +1,3%), con le due maggiori fonti di ricavo rappresentate da diritti televisivi (38%, +4,6%) e plusvalenze (20%, più o meno invariate rispetto alla stagione 2011/2012), continua il trend negativo dei ricavi da stadio (-4,1%), dovuto alla riduzione del numero totale degli spettatori (-6,4%) e conseguenza diretta della situazione delicata degli impianti italiani, con un’età media di 60 anni, addirittura 64 considerando solo gli stadi della Serie A.
Sono questi alcuni dei dati più significativi pubblicati nella quarta edizione del ‘ReportCalcio’, il rapporto organico annuale sull'attività della Figc presentato oggi a Roma dal presidente del Coni Giovanni Malagò, dal presidente della Figc Giancarlo Abete e dal direttore generale Antonello Valentini, dal componente del Comitato Direttivo dell'Arel Giulio Napolitano e dal Partner financial services di PricewaterhouseCoopers Emanuele Grasso.
Nel corso della presentazione, che ha visto la presenza degli ex presidenti e membri d’onore della Figc Franco Carraro e Antonio Matarrese, dei vicepresidenti della Figc Carlo Tavecchio (vicario) e Demetrio Albertini e dei presidenti di tutte le componenti del calcio italiano, il numero uno del Coni Giovanni Malagò ha spiegato come il calcio “sarà sempre la costola e la componente più importante del nostro mondo.
I numeri bisogna anche saperli leggere perché ce ne sono alcuni che non meritano di essere criticati. Il calo degli spettatori è sicuramente legato agli stadi, ma c'è anche il contesto congiunturale della crisi economica, una apparentemente incomprensibile politica commerciale che ogni tanto fanno alcune società, sicuramente un campionato sportivo che non brilla proprio per appeal sotto il profilo della competizione".
Il Report, pubblicato dal Centro Studi, Sviluppo ed Iniziative Speciali della Figc con la collaborazione dell'Agenzia di Ricerche e Legislazione (AREL) e PricewaterhouseCoopers, ha messo in evidenza la diminuzione del costo di produzione (2972 milioni, -1,5%), dovuta principalmente alla riduzione del costo del lavoro (-3,3%), il boom del mercato dei trasferimenti (2533 nelle stagioni 2011/2012 e 2012/2013) in cui solo il 34% avviene però a titolo oneroso e la contribuzione fiscale e previdenziale del sistema calcio, pari a circa 1034 milioni nel 2011. “Negli ultimi 6 anni – ha sottolineato Abete nel suo intervento – abbiamo recuperato attraverso il Coni 480 milioni dei 6 miliardi che solo il calcio professionistico ha dato al Paese. Raffrontandoci alle altre nazioni siamo al secondo posto come contribuzione, solo l’Inghilterra ha dato all’erario più di noi”. Il presidente della Figc, che ha ringraziato le Leghe, le componenti e gli uffici federali per il loro lavoro, non ha nascosto le criticità presenti nel mondo del calcio: “Abbiamo valori assoluti importanti, senza dubbio la condizione dei nostri stadi è uno degli elementi che porta ad una diminuzione delle presenze. Ma non dimentichiamoci che restiamo il quinto Paese al mondo come numero di spettatori medi. Da questi dati emerge una sofferenza strutturale della Lega di B e della Lega Pro. L’anno prossimo – ha ricordato Abete – attraverso la riforma della Lega Pro il sistema professionistico scenderà a 102 società, ma la nostra rimane una dimensione impegnativa, eccessiva rispetto a tutti gli altri Paesi che hanno un numero minore di società professionistiche”.
“E’ clamoroso che in un Paese che soffre – ha spiegato Emanuele Grasso – ci sia una crescita della produzione, ma la parte negativa potrebbe essere rappresentata dal fatto che è dovuta in gran parte a ricavi televisivi e plusvalenze. Bisogna mettere in atto delle misure per garantire l’indipendenza del sistema”.
“Sono dati molto stimolanti – l’analisi di Giulio Napolitano – pieni di luci sulla capacità economica e produttiva della federazione, ma anche sul ruolo sociale del mondo del calcio, dalla sua capacità di aggregazione e di integrazione degli stranieri, che spesso vengono in Italia da bambini e trovano nel calcio il primo vero strumento di formazione”.
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