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Presentato a Roma il report AIC "Calciatori sotto tiro". Gravina: "Abbiamo fatto tanto, ma questi numeri preoccupano"

Al Centro Sportivo della Polizia di Stato "Tor di Quinto" svelati i dati relativi agli atti di violenza, intimidazione e minacce compiuti nei confronti di calciatori e calciatrici. Il presidente FIGC: "Situazione delicata anche per quello che accade sui social"

martedì 14 febbraio 2023

Presentato a Roma il report AIC

Con la riapertura degli stadi, al termine delle limitazioni imposte dalla pandemia, i calciatori sono purtroppo tornati a essere oggetto di insulti, minacce e intimidazioni, come singoli e come squadre, dai propri tifosi e da quelli avversari. I dati di questo triste fenomeno, relativi alla stagione 2021/22, sono stati presentati a Roma, presso il Centro Sportivo della Polizia di Stato “Tor di Quinto”, in occasione della pubblicazione dell’8ª edizione del Report “Calciatori sotto tiro”, la ricerca dell’Associazione Italiana Calciatori che censisce ogni anno tutti gli atti di violenza, intimidazione e minacce compiuti nei confronti di calciatori e calciatrici, sia professionisti che dilettanti. Alla presentazione sono intervenuti il presidente della FIGC Gabriele Gravina, il presidente AIC e vicepresidente vicario federale Umberto Calcagno, il Ministro dello Sport Andrea Abodi e Paolo Cortis, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del Ministero dell’Interno che ha collaborato alla presentazione del Rapporto.

“Un tema delicato, sempre attuale che richiede sempre molta attenzione - ha spiegato Gravina -. I numeri preoccupano e, anche se sono diminuiti gli atti di violenza dentro gli stadi, in questa stagione sono tornate modalità di aggressione verbale e fisica nei confronti dei singoli, fenomeno che va debellato in tempi brevi. Ci vogliono interventi mirati e la riflessione che ci sottopone l’AIC ci stimola a un intervento immediato, abbiamo creato norme ad hoc ma molto spesso ancora non bastano perché non possiamo pensare che interventi come il Daspo, ad esempio, possano essere sufficienti. Dobbiamo adottare provvedimenti ancora più severi contro certi delinquenti che nulla hanno a che fare con il mondo del calcio”. Violenze fisiche, ma anche verbali o digitali: “Al di là dei casi di violenza fisica che nelle nostre competizioni sono diminuiti notevolmente, c'è una sorta di tribunale pubblico sui social che desta grandissima preoccupazione. Tutto ciò richiede un intervento drastico da parte nostra, un'azione di sistema per contrastare forme di violenza legate a leoni da tastiera”.

“È una situazione preoccupante - ha proseguito Calcagno -, perché se è vero che i dati possono essere interpretati diversamente, abbiamo oggi una tendenza, soprattutto sulla tipologia delle minacce, che ci deve far riflettere: sono aumentate le aggressioni verso i singoli e verso il settore professionistico apicale, e un “fuoco amico” che ha nuove modalità rispetto al passato. A volte noi calciatori per primi reputiamo normali certe dinamiche che invece normali non sono e non possono essere. Abbiamo inserito norme federali precise dando importanti segnali di sistema, ma dobbiamo fare molto di più, dobbiamo fare un salto di prospettiva: partiremo con un progetto che andrà nelle scuole cercando di trasmettere una cultura sportiva differente e riqualificare la figura del calciatore agli occhi dell’opinione pubblica. Se scaturiscono episodi di violenza per il solo fatto che un calciatore vuol cambiare squadra vuol dire che non siamo stati bravi a far capire che quel calciatore è un ragazzo come tutti, pieno di sogni ed aspettative, che non galleggia affatto in un’altra dimensione”.

“Quello che stiamo analizzando oggi - ha sottolineato Abodi - è un grido di allarme perché ciò che avviene oggi non crea il giusto clima per gli atleti del futuro. Raccogliamo ciò che seminiamo e in certi ambiti sportivi abbiamo atteggiamenti che hanno conseguenze gravi e denotano sempre di più una mancanza formativa di educazione. Il tema della violenza va analizzato nel presente, ma deve anche tracciare nuove traiettorie educative per il futuro. Se oggi abbiamo genitori più aggressivi dei figli sui campi di calcio dobbiamo farci delle domande. Va fatto un patto tra le istituzioni e andare tutti nella stessa direzione, andando oltre i dati e le statistiche, partendo dal vertice, e fare scelte di coerenza e di civiltà, tutti uniti, dando esempi diversi. Mi auguro che questo appuntamento preziosissimo creato da AIC e Osservatorio serva per ricominciare da capo, non restando freddi davanti a certi numeri, ma dimostrandoci più forti e convincenti della violenza che si combatte con l’educazione e la civiltà. Perché non ci sono tifosi e tifosi violenti ma ci sono tifosi e delinquenti che vanno perseguiti nella convinzione della immediatezza e della certezza della punibilità. Dobbiamo cambiare passo e faremo molto di più proseguendo il lavoro di chi ci ha preceduto”.

L’analisi condotta dall’Osservatorio AIC ha evidenziato, in linea generale, un aumento dei casi rispetto alle stagioni precedenti e un cambiamento nelle motivazioni e nelle modalità di realizzo degli episodi. Il razzismo resta ancora tra le principali motivazioni, mentre diminuisce l’incidenza delle aggressioni via social che pure restano molto presenti. Prestazioni ritenute non all’altezza e i trasferimenti di mercato tra le altre principali cause.

Nell’ultimo campionato censito, si rilevano le seguenti differenze rispetto alle edizioni precedenti del Rapporto:
- sensibile aumento dei casi;
- i calciatori di Serie A sono i più colpiti;
- le intimidazioni sono diminuite (ma sempre molto presenti) sui social da quanto sono stati riaperti gli stadi;
- un caso su due si registra al Nord (la Lombardia sottrae il primato al Lazio);
- nei campionati dilettantistici: la III Categoria sottrae il primato all’Eccellenza.

Nella stagione 2021/22, raccogliendo informazioni da fonti pubbliche o segnalazioni dirette, l’Associazione Italiana Calciatori ha censito 121 casi in cui i calciatori sono stati fatti oggetto di offese, minacce e intimidazioni. Come specificato in ogni edizione del Report, molto probabilmente, il numero degli episodi è stato decisamente superiore. Purtroppo non tutto ciò che accade viene denunciato, per paura degli atleti, per il tentativo di risolvere le questioni senza generare ulteriori “problematiche” o semplicemente perché si considera che la violenza faccia parte del “gioco” di essere calciatori.