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Addio a Chinaglia, l’azzurro che a Germania ’74 contestò Valcareggi

lunedì 2 aprile 2012

Addio a Chinaglia, l’azzurro che a Germania ’74 contestò Valcareggi

Sembra impossibile che un “omone” come lui, impetuoso e potente in campo quanto pronto a dar battaglia nella vita, sia stato tradito dal cuore, stroncato da un infarto. Giorgio Chinaglia, storico centravanti e bandiera della Lazio, il giocatore che in azzurro ebbe il coraggio di contestare il ct Valcareggi, se n’è andato il 1° aprile, giorno per tradizione legato agli scherzi, tanto che ad un “pesce” qualcuno aveva pensato in un primo momento.
Chinaglia è morto in Florida, a Naples, dove viveva e continuava ad occuparsi di calcio, la sua grande passione, a Radio “Sirius”: di pallone parlava tutte le mattine, tante storie, ma quella che amava di più era legata alla Lazio, che non ha mai dimenticato e che ha rappresentato allo stesso tempo la gioia, ma anche il dolore più grande.
Trascinatore in campo, con lui la squadra allenata da Maestrelli conquistò il primo scudetto della sua storia, grazie anche ai suoi 24 gol che gli valsero la classifica di capo cannoniere del campionato. Chiamato in azzurro quando giocava in serie B con la Lazio, segnò all’esordio un gol contro la Bulgaria (giugno 1972) e nel ’74 fece parte della sfortunata spedizione ai Mondiali del ’74 in Germania. Generoso, Chinaglia era un uomo “puro”, ma anche un personaggio difficile da gestire. Nel corso della partita contro Haiti, passò alla cronaca per aver contestato in modo plateale e in diretta televisiva, al momento della sua sostituzione, il cittì Valcareggi. Quel gesto fece il giro del mondo ed è rimasto nella storia del calcio azzurro.
Con la maglia della Nazionale ha giocato 14 partite e realizzato 4 gol, più brillante il fine carriera nei Cosmos di New York, al fianco di stelle come Beckenbauer, Pelè, Cruijff, uno “squadrone” che sdoganò il calcio in America. Tre figli dal primo matrimonio, Giorgio jr, Stephanie e Cinthia, due dal secondo, Donald e Antony, una grande famiglia, come lo è stata per lui la Lazio del presidente Lenzini, di quei compagni di squadra che erano soprattutto amici.
Finita la carriera di calciatore, tornò al primo e unico amore, la Lazio, di cui divenne presidente senza grande fortuna. Senza quei risultati che sperava di raccogliere sul campo, ma il segno che ha lasciato nel cuore dei tifosi biancocelesti vale più di qualsiasi vittoria.