Processo sportivo in genere – ricorso collettivo – ammissibilità limiti

La proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione. Di conseguenza, ai fini della ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, Sezione IV, 27 gennaio 2015 n. 363; Sezione VI, sent. 18 luglio 1997, n.1129; Cons. Stato, Sezione IV, 14 ottobre 2004, n.6671; Cons. Stato, Sezione V, 24 agosto 2010, n. 5928; T.a.r. Lazio, Sezione III-bis, 20 novembre 2020, n. 12242). Pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di precisi requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, Sezione IV, 29 dicembre 2011, n. 6990). Occorre, al riguardo, precisare che l’affermazione secondo la quale il ricorso collettivo deve essere inteso come una “deroga” al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione, non significa che principio generale del processo sia l’esercizio “singolare” del diritto di azione da parte di ciascun titolare di una posizione giuridica per la quale si richiede tutela giurisdizionale (norme che consentono una proposizione congiunta sono quelle in tema di connessione presenti sia nel codice di procedura civile - artt. 31-36, art. 40 CPC - che in quello amministrativo - art. 70 CPA). Ciò che consente a più soggetti di agire in giudizio per il tramite di un solo strumento di “vocatio” – assumendo “collettivamente” la qualità di parte attorea ovvero di parte ricorrente - è la identità di posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela: in questo senso, più titolari in comunione di un diritto reale potranno agire “collettivamente” in giudizio per la tutela del loro diritto da aggressioni e/o compromissioni ovvero per il risarcimento del danno eventualmente subito, così come più titolari di un medesimo diritto di credito con un solo atto processuale potranno richiedere la condanna del debitore all’adempimento della propria obbligazione. Tale situazione, tuttavia, più che “derogatoria” di un principio generale, costituisce una ipotesi ordinaria di esercizio del potere di azione, proiezione in sede processuale di una situazione sostanziale identica, accomunante tutti gli attori, ricorrenti o reclamanti. In questo contesto anche la giurisprudenza amministrativa indica ai fini dell’ammissibilità del ricorso collettivo, “identità di situazioni sostanziali e processuali”, individuando tale identità nella circostanza che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi. Più precisamente, ciò comporta: per un verso, la “identità” della posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela in giudizio, intendendosi per “identità” la riconducibilità di tutte le posizioni alla medesima tipologia posta dall’atto di esercizio del medesimo potere amministrativo; per altro verso, la “identità” del tipo di pronuncia richiesto al giudice; per altro verso ancora, la “identità” degli atti impugnati, nel senso che tutti gli atti oggetto di impugnazione siano “comuni” a tutti i ricorrenti, cioè siano tutti (e ciascuno di essi) egualmente lesivi di “identiche” situazioni giuridiche (infatti, se l’identità delle posizioni giuridiche soggettive deve essere ricercata nel “tipo” di potere esercitato, ad identità - così definita - di posizioni non può che corrispondere, specularmente, “identità” di atti impugnati); infine, la identità dei motivi di censura rivolti avverso gli atti impugnati, che rappresenta una evidente conseguenza di quanto ora esposto. L’identità di posizione giuridica sostanziale, per la quale si richiede la tutela giurisdizionale è data dalla identità del momento genetico, di modo che tutte le situazioni giuridiche possono richiedere tutela attraverso lo stesso (ed unico) strumento processuale, ferma la necessaria presenza degli altri requisiti richiesti, il che – lo si ribadisce – comporta identità del provvedimento richiesto al giudice, identità degli atti lesivi impugnati e medesimi motivi di ricorso. Ed infatti l’eventuale esistenza di atti non lesivi della sfera giuridica di tutti i ricorrenti ovvero di motivi di doglianza non comuni a tutti, costituisce evidente dimostrazione della presenza di diversificazione delle posizioni giuridiche sostanziali per le quali ciascuno di essi chiede tutela in giudizio. (fattispecie in cui le censure formulate dai reclamanti hanno carattere non omogeneo, sono espressione di interessi non necessariamente omogenei tra i vari reclamanti, riguardano atti differenti.

Stagione: 2020-2021

Numero: n. 85/CFA/2020-2021/D

Presidente: Torsello

Relatore: Tuccillo

Riferimenti normativi: art. 44 CGS;

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