Vincolo di giustizia – art. 30, comma 4, Statuto FIGC – fattispecie in cui l’autorizzazione non sia stata richiesta – fattispecie in cui l’autorizzazione sia stata richiesta e rifiutata – distinzione
Occorre distinguere il caso in cui l’autorizzazione non sia stata richiesta da quello in cui l’autorizzazione sia stata richiesta e rifiutata. Nel secondo caso la questione non si incentra sulla astratta sanzionabilità della condotta trasgressiva della menzionata norma statutaria, riferita al caso di chi non richieda l’autorizzazione preventiva, quanto piuttosto sulla possibilità o meno, data agli organi federali, di paralizzare l’azione penale con una decisione, assunta sulla richiesta di autorizzazione, che possa dirsi congruamente e correttamente motivata. E poiché la ratio della norma statutaria che costituisce il vincolo sportivo è quella di consentire o meno di adire la giustizia penale in funzione della natura del reato denunciato e quindi della sua perseguibilità d’ufficio o a querela di parte e comunque di distinguere tra situazioni che possono trovare un’adeguata protezione ed essere sanzionate nell’ambito della giustizia sportiva e reati che possono trovare la loro sanzione solo nel processo penale, occorre stabilire se la motivazione del rigetto della domanda di autorizzazione ad adire l’autorità giudiziaria ordinaria sia o meno contraria alla ratio della norma statutaria. Il punto nodale della questione non è quindi se la norma che prevede l’autorizzazione federale è in sé illegittima o contraria a norme dell’ordinamento generale, perché quella norma rinviene la sua ratio nella tutela dell’autonomia del processo sportivo e dunque in astratto essa è legittima sino a che quella ratio non tradisca, quanto piuttosto quella di stabilire se la violazione di detta norma possa giustificare una sanzione disciplinare per un comportamento – la presentazione di una denuncia penale – che costituisce esercizio di un diritto incomprimibile e non suscettibile di compromissione ove esercitato da parte di un cittadino che abbia subito (a causa o in occasione di un evento sportivo), la lesione di un diritto personalissimo per effetto di un fatto costitutivo di reato, ovvero per tale denunciato. E quindi stabilire se l’autorizzazione oggetto di diniego negata sia legittima in quanto rispettosa della sua ratio e costituisca esercizio corretto della sottostante funzione. Il che equivale a dire che la norma dello Statuto che regola e subordina all’autorizzazione degli organi federali l’accesso alla giustizia ordinaria civile o penale, per essere correttamente applicata deve discernere tra le situazioni che possono trovare tutela e sanzione esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo e quelle che, per l’interesse generale annesso alla repressione dei reati, non possono che essere affidate a un giudice diverso da quello sportivo (fattispecie in cui il provvedimento impugnato si risolve in un rigetto apodittico o erroneamente motivato dell’autorizzazione richiesta dal calciatore, con lesione dei diritti individuali indisponibili sanciti dalla Costituzione (art. 3, 24 e 102) nonché della normativa ordinaria (art. 1 l. 280/2003) secondo cui “i rapporti tra l’ordinamento sportivo l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”).
Stagione: 2019-2020
Numero: n. 75/CFA/2019-2020/B
Presidente: Torsello
Relatore: De Zotti
Riferimenti normativi: art. 30, comma 4, Statuto FIGC