Dichiarazioni lesive – art. 23 CGS - diritto di critica - dissenso ragionato e motivato - valutazioni misurate e non gratuitamente lesive dell'altrui dignità - canoni della continenza, pertinenza e veridicità - valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo - funzione dirigenziale del tesserato – maggiore gravità

Il legittimo esercizio del diritto di critica deve concretizzarsi in un dissenso ragionato e motivato con valutazioni misurate e non gratuitamente lesive dell'altrui dignità - e della verità - non della critica, come è ovvio, ma del fatto presupposto della critica stessa, nel senso che deve essere assicurata l'oggettiva verità del racconto, salvo che per inesattezze riferite a particolari di scarso rilievo e privi di valore informativo. I canoni della continenza, pertinenza e veridicità (del fatto cui il giudizio critico si riferisce) - i quali valgono a tracciare, nell’ordinamento generale, il confine di liceità della critica – assumono, con tutta evidenza, una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo, anche alla luce degli specifici doveri che fanno capo agli associati e, primi tra questi, a quei soggetti che, rappresentando le associazioni e le società sportive, ne costituiscono istituzionalmente l’immagine e la voce nei rapporti esterni e, nell’ambito di questi, con gli organi di informazione, e ciò con specifico riferimento alle regole comportamentali richiamate dall’art. 4 CGS e, quindi, alla necessità di improntare la propria condotta alle prescrizioni dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF), delle altre norme federali, e all’osservanza dei “principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva” (CFA, SS.UU. n. 10/CFA/2021/2022; SS.UU. n. 18/CFA/2021/2022). La Corte ha ulteriormente chiarito che ai sensi dell’art. 23 del CGS che vieta di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA, costituisce presupposto necessario per il legittimo esercizio del diritto di critica, la continenza ovvero la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti, da intendersi nel senso che l’informazione non deve assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro altrui (Cass. civ., Sez. III Ord., 31/01/2018, n. 2357); al fine di configurare la scriminante del diritto di critica, è necessario quindi che non sia travalicato il limite della forma nella comunicazione della notizia e che, soprattutto, si eviti di trascendere in espressioni inutilmente disonorevoli e dispregiative o esageratamente aggressive verso la persona oggetto di critica, perché questa non può mai ledere la integrità del soggetto. In concreto, non possono essere qualificate come continenti le espressioni che si connotino per una carica di intrinseca offensività e quelle che assumano un carattere in sé infamante od umiliante, verso la persona del destinatario e che siano lesive della sua dignità. [Nella fattispecie l’incolpazione riguardava dichiarazioni rilasciate ad una testata giornalistica online, in sede di commento di quanto occorso in una gara, ritenute lesive dell’onore, del prestigio e del decoro sia dell’arbitro che ebbe a dirigere l’incontro sia, per l’effetto e più in generale, dell’istituzione arbitrale nel suo complesso. La Corte ha ritenuto che, anche senza giungere ad affermare che il fair play sportivo, e in particolare il rispetto che si deve al giudice di gara, possa addirittura escludere in radice l'espressione di un dissenso critico sulle sue decisioni, in ogni caso una cosa è il dissenso sul fatto e quindi su una o più decisioni dell’arbitro ed altra e diversa cosa è la critica, più o meno offensiva, più o meno violenta o più o meno verbalmente esasperata, rivolta alla persona e tradotta in giudizi, peraltro soggettivi, disonorevoli e dispregiativi. Il tutto aggravato dalla funzione dirigenziale del tesserato, atteso che le regole violate assumono una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo, anche alla luce degli specifici doveri che fanno capo agli associati e, primi tra questi, a quei soggetti che, rappresentando le associazioni e le società sportive, ne costituiscono istituzionalmente l’immagine e la voce nei rapporti esterni e, nell’ambito di questi, con gli organi di informazione, e ciò con specifico riferimento alle regole comportamentali richiamate dall’art. 4 CGS e, quindi, alla necessità di improntare la propria condotta alle prescrizioni dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF), delle altre norme federali, e all’osservanza dei “principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva” (S.U. n. 10/CFA/2021/2022)].

Stagione: 2021-2022

Numero: n. 62/CFA/2021-2022/A

Presidente: Torsello

Relatore: De Zotti

Riferimenti normativi: art. 23 CGS;

Articoli

1. Ai soggetti dell'ordinamento federale è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA.
2. La dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone.
3. Qualora le dichiarazioni siano idonee a ledere direttamente o indirettamente il prestigio, la reputazione o la credibilità dell’istituzione federale nel suo complesso o di una specifica struttura, all’autore delle dichiarazioni di cui al comma 1 si applica l’ammenda da euro 2.500,00 ad euro 50.000,00, se appartenente alla sfera professionistica. Nei casi più gravi, si applicano anche le sanzioni di cui all’art. 9, comma 1, lettere f), g), h).
4. Nella determinazione dell’entità della sanzione sono valutate:
a) la gravità, le modalità e l’idoneità oggettiva delle dichiarazioni, anche in relazione al soggetto da cui provengono, ad arrecare pregiudizio all’istituzione federale o a indurre situazioni di pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza di altre persone;
b) la circostanza che le dichiarazioni siano rilasciate da un dirigente o da altro soggetto che abbia la rappresentanza di una società o comunque vi svolga una funzione rilevante;
c) la circostanza che le dichiarazioni siano comunque volte a negare o a mettere in dubbio la regolarità delle gare o dei campionati, l’imparzialità degli ufficiali di gara, dei componenti degli organi tecnici arbitrali e dei componenti degli organi di giustizia sportiva nonchè la correttezza delle procedure di designazione.
5. La società è responsabile, ai sensi dell’art. 6, delle dichiarazioni rese dai propri dirigenti e tesserati nonché dai soggetti di cui all'art. 2, comma 2.
6. La società è punita, ai sensi dell’art. 6, con una ammenda pari a quella applicata all’autore delle dichiarazioni. Costituisce circostanza attenuante la pubblica dissociazione dalle dichiarazioni lesive, con fissazione della sanzione anche in misura inferiore al minimo. In casi eccezionali, la pubblica dissociazione può costituire esimente.

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