Procedimento disciplinare sportivo - legittimazione a ricorrere – società – possibilità di agire in giudizio anche nell’interesse del presidente – sussistenza – esclusione - art. 81 CPC

Nel procedimento disciplinare sportivo la società reclamante non è legittimata ad agire anche in nome e per conto del suo presidente per le sanzioni al medesimo irrogate a titolo personale ed in conseguenza di condotte da lui tenute, sia pure nella sua veste istituzionale. Si riscontra, in tal caso, un difetto di legittimazione, intesa come carenza di legitimatio ad causam - consistente, per consolidato orientamento giurisprudenziale, nella titolarità del potere di promuovere un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato secondo la prospettazione offerta dall'attore ed indipendentemente dalla effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto stesso (ex multis, Cass. civ. Sezione III, Sent., 2012, n. 2091; Cass. 23 novembre 2005, n. 24594, Cass., 7 ottobre 2005, n. 19647; Cass., 3 luglio 1999, n. 6894) - in quanto la società reclamante non è titolata ad agire in nome e per conto del Presidente per le sanzioni al medesimo irrogate a titolo personale in conseguenza delle violazioni addebitate e riscontrate in primo grado. Il richiamo ai principi del giusto processo di cui all’art. 44, comma 1, del C.G.S, consentono di considerare applicabili al processo sportivo anche i generali principi ricavabili dall’art. 81 CPC che, nel sancire che, al di fuori dei casi previsti dalla legge, nessuno può agire in giudizio per far valere in nome proprio un diritto altrui, stabilisce la necessaria coincidenza tra il soggetto titolare del diritto fatto valere in giudizio e il soggetto legittimato ad agire in giudizio per la tutela del diritto stesso. Inoltre, l’art. 47 del CGS, rubricato “Diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva”, ribadisce, in termini chiari, il principio dell’interesse ad agire per cui l’azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio. (Fattispecie relativa ad un procedimento che, in primo grado, si era concluso con la condanna sia del presidente, che non aveva ottemperato nel termine prescritto ad una delibera del collegio arbitrale presso LND, sia della società per responsabilità diretta per l’illecito disciplinare ascritto al suo presidente e nel quale la sola società aveva proposto reclamo).

Stagione: 2019-2020

Numero: n. 62/CFA/2019-2020/B

Presidente: Torsello

Relatore: Palmieri

Riferimenti normativi: art. 81 CPC; art. 44, comma 1, C.G.S; art. 47 CGS;

Articoli

1. Il processo sportivo attua i principi del diritto di difesa, della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo.
2. I giudici e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento dell’attività federale.
3. La decisione del giudice è motivata e pubblica.
4. Il giudice e le parti redigono i provvedimenti e gli atti in maniera chiara e sintetica. I vizi formali che non comportino la violazione dei principi di cui al presente articolo non costituiscono causa di invalidità dell’atto.
5. Tutte le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva devono avere carattere di effettività e di afflittività.
6. Tutti i termini previsti dal Codice, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, sono perentori.

1. I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti legittimati dall'ordinamento federale hanno diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall'ordinamento sportivo.
2. L'azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione soggettiva rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio.

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