Giudizio e responsabilità disciplinare - art. 4, comma 1, CGS - principi di lealtà, correttezza e probità – natura giuridica - violazione – è rilevante in via autonoma – violazione di altra norma del CGS – non occorre

Quella contenuta nell’art. 4 CGS è una clausola di “chiusura” del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio (Collegio di garanzia dello sport, parere n. 5/2017); e ciò sulla scia di un autorevole insegnamento secondo cui il principio di lealtà sportiva si riporta alle clausole generali di correttezza e buona fede. Il dovere generale di buona fede ha la funzione di colmare le inevitabili lacune legislative: la legge, per analitica che sia, non può prevedere tutte le possibili situazioni; non può sempre prevenire, con apposite norme, gli abusi che le parti possono commettere l’una a danno dell’altra. La legge prevede solo le situazioni più frequenti, sventa gli abusi più ricorrenti: molti riprovevoli comportamenti sfuggirebbero alle pur fitte maglie della legge, se si dovesse considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta (“la legge non lo vieta, dunque posso farlo”), o solo facoltativo ogni comportamento che nessuna norma di legge rende obbligatorio (“la legge non lo impone, dunque posso non farlo”). Il principio generale della correttezza e della buona fede consente di identificare altri divieti e altri obblighi oltre a quelli previsti dalla legge; si realizza, come si dice, la “chiusura” del sistema legislativo, ossia offre criteri per colmare le lacune che questo può rivelare nella varietà e molteplicità delle situazioni della vita economica e sociale; per quanto più specificamente rileva nell’ordinamento sportivo, altro autorevole insegnamento ha ritenuto che il tratto tipizzante di tale ordinamento  è rappresentato dal fatto che lo sport è una dimensione della persona attinente alla sua spiritualità e lo sportivo autentico è prima di tutto, un soggetto virtuoso, nel senso che è chiamato al dovere irrinunciabile di esercitare alcune virtù, ritenute supreme e il cui mancato esercizio lo pone fuori della comunità; pertanto tutti i comportamenti eticamente riprovevoli violano nel profondo l'ordinamento sportivo; la clausola di cui all’art. 4 CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruita e applicata secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. La norma contenuta nell’art. 4, comma 1, del CGS consente al giudice sportivo di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e rende possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. La disposizione, redatta secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice (ex multis: CFA, Sez, I, n. 111/2023-2024); con la conseguenza che nell’ordinamento sportivo, accanto ad illeciti disciplinari tipizzati, vi sono fattispecie disciplinari di carattere generale, come quelle che si fanno rientrare nella violazione dei principi in esame, quali canoni valutativi, assoluti ed imprescindibili del contegno dei tesserati, che non sono suscettibili di essere individuate e specificate ab origine, ma devono essere di volta in volta rielaborate alla stregua delle specifiche circostanze ed evidenze del caso concreto (Collegio di Garanzia dello sport, Sez. IV, 13 ottobre 2017, n. 76/2017; Collegio di garanzia dello sport n. 152/2024). Ne discende la configurabilità di una sanzione disciplinare anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico inadempimento ad una disposizione espressa. L’attività sportiva si fonda sul rispetto di tali canoni comportamentali che non suscettibili di essere circoscritti all’interno di fattispecie descritte secondo i criteri della precisione e della determinatezza (CFA, SS.UU. n. 12/2021-2022); pertanto la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza può essere rilevante in via autonoma. Non è dunque necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma del CGS perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza. Un tale dovere è autonomamente e oggettivamente valutabile (CFA, SS.UU., n. 53/2021-2022).

Stagione: 2024-2025

Numero: n. 61/CFA/2024-2025/C

Presidente: Torsello

Relatore: Morelli

Riferimenti normativi: art. 4, comma 1, CGS

Articoli

  1. I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.
  2. In caso di violazione degli obblighi previsti dal comma 1, si applicano le sanzioni di cui all'art. 8, comma 1, lettere a), b), c), g) e di cui all'art. 9, comma 1, lettere a), b), c), d), f), g), h).
  3. L'ignoranza dello Statuto, del Codice e delle altre norme federali non può essere invocata a nessun effetto. I comunicati ufficiali si considerano conosciuti a far data dalla loro pubblicazione.

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