Contrasto ad abusi, violenze e discriminazioni – tutela dei minori - abuso psicologico – bullismo - definizioni

Nell’ambito del d. lgs. 28 febbraio 2021, n. 39 (Attuazione dell'articolo 8 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi), le disposizioni di cui all’art. 16 si pongono l’obiettivo di promuovere, nel mondo dello sport, la parità di genere tra uomo e donna, la tutela dei minori e il contrasto effettivo ed efficace a ogni forma di violenza di genere e di discriminazione, attraverso l’adozione di misure di prevenzione e presidi di controllo c.d. di “safeguarding”. In particolare si prevede che – tra gli altri - le Federazioni sportive nazionali debbano redigere le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell'attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Inoltre si dispone che le associazioni e le società sportive dilettantistiche e le società sportive professionistiche debbano predisporre e adottare modelli organizzativi e di controllo dell'attività sportiva nonché codici di condotta conformi alle linee guida.  A seguito della delibera n. 255 del 25 luglio 2023 della Giunta nazionale del C.O.N.I., la FIGC, con C.U. n. 87/A del 31 agosto 2023, ha deliberato l’adozione delle linee guida e, con C.U. n. 68/A del 27 agosto 2024, ha adottato il regolamento per la prevenzione e il contrasto di abusi, violenze e discriminazioni sui tesserati. Con C.U. n. 69/A del 27 agosto 2024, inoltre, è stato introdotto l’art. 28 bis del Codice di giustizia sportiva. Le linee guida, prevedono – tra l’altro – la promozione del diritto fondamentale di tutti i tesserati ad essere trattati con rispetto e dignità, nonché di essere tutelati da ogni forma di abuso, molestia, violenza di genere e ogni altra condizione di discriminazione (art. 1). In tale prospettiva, il diritto alla salute e al benessere psico-fisico costituisce un valore prevalente rispetto al risultato sportivo e pertanto tutti i tesserati hanno il diritto di svolgere l’attività sportiva in un ambiente consono e degno, nonché rispettoso dei diritti della personalità e della salute e che chiunque partecipi con qualsiasi funzione o titolo all’attività sportiva è tenuto a rispettare tali diritti dei tesserati. All’art. 3 si prevede, poi, che costituiscono fattispecie di abuso, violenza e discriminazione, tra l’altro, l’abuso psicologico e il bullismo. Per abuso psicologico deve intendersi “qualunque atto indesiderato, tra cui la mancanza di rispetto, il confinamento, la sopraffazione, l’isolamento o qualsiasi altro trattamento che possa incidere sul senso di identità, dignità e autostima, ovvero tale da intimidire, turbare o alterare la serenità del tesserato, anche se perpetrato attraverso l’utilizzo di strumenti digitali.”. Per bullismo devono poi intendersi, quei “comportamenti di prevaricazione e sopraffazione ripetuti e atti ad intimidire o turbare un tesserato che determinano una condizione di disagio, insicurezza, paura, esclusione o isolamento”. (Nella specie la Corte ha ritenuto che i fatti contestati integrassero gli estremi dell’abuso psicologico e del bullismo e che gli stessi fossero in aperto, vistoso e stridente contrasto con gli obiettivi della cd. policy per la tutela dei minori adottata dal Settore giovanile e scolastico della FIGC, secondo cui occorre garantire che il calcio sia uno sport sicuro, un’esperienza positiva e divertente per tutti i bambini e per tutti i ragazzi coinvolti, indipendentemente dalla loro età. Tali regole erano già esistenti e, comunque, immanenti al sistema, al di là del formale recepimento di cui al C.U. n. 69/A del 27 agosto 2024 con cui – come detto - è stato introdotto l’art. 28 bis del Codice di giustizia sportiva)

Stagione: 2024-2025

Numero: n. 57/CFA/2024-2025/I

Presidente: Torsello

Relatore: Saltelli

Riferimenti normativi: d. lgs. 28 febbraio 2021, n. 39; delibera n. 255 del 25 luglio 2023 della Giunta nazionale del CONI; C.U. FIGC n. 87/A del 31 agosto 2023: C.U. FIGC n. 68/A del 27 agosto 2024; C.U. FIGC n. 69/A del 27 agosto 2024; art. 28 bis del CGS

Articoli

1. Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori.
2. Il calciatore che commette una violazione di cui al comma 1 è punito con la squalifica per almeno dieci giornate di gara o, nei casi più gravi, con una squalifica a tempo determinato e con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 10.000,00 ad euro 20.000,00.
3. I dirigenti, i tesserati di società, i soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che commettono una violazione di cui al comma 1, sono puniti con l’inibizione o la squalifica non inferiore a quattro mesi o, nei casi più gravi, anche con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 15.000,00 ad euro 30.000,00.
4. Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione. In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lettera d). Qualora alla prima violazione si verifichino fatti particolarmente gravi e rilevanti, possono essere inflitte, anche congiuntamente e disgiuntamente tra loro, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere e), f), g), i), m). In caso di violazione successiva alla prima, oltre all’ammenda di almeno euro 50.000,00 per le società professionistiche e di almeno euro 1.000,00 per le società dilettantistiche, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro, tenuto conto delle concrete circostanze dei fatti e della gravità e rilevanza degli stessi, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere d), e), f), g), i), m).
5. Le società sono responsabili delle dichiarazioni e dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che in qualunque modo possono contribuire a determinare fatti di discriminazione o ne costituiscono apologia. La responsabilità della società concorre con quella del singolo dirigente, tesserato, socio e non socio di cui all'art. 2, comma 2. Per tali violazioni si applicano le sanzioni di cui al comma 4.
6. Prima dell'inizio della gara, la società avverte il pubblico delle sanzioni previste a carico della stessa società in conseguenza a comportamenti discriminatori posti in essere da parte dei sostenitori. Alla violazione della presente disposizione si applica la sanzione di cui all'art. 8, comma 1, lettera b).
7. Gli organi di giustizia sportiva possono sospendere la esecuzione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 8, comma 1, lett. d), e), f), inflitte alla società in applicazione del comma 4. Con la sospensione della esecuzione della sanzione, gli organi di giustizia sportiva sottopongono la società ad un periodo di prova di un anno. Se durante il periodo di prova, la società incorre nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella inflitta per la nuova violazione.

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