Arbitri e assistenti arbitrali – avvicendamento – art. 22, lett. d), e 2, comma 4, lett. a), norme di funzionamento degli organi tecnici dell’a.i.a-nfot – avvicendamento dell’arbitro - principi di ragionevolezza, proporzionalità e parità di trattamento – contrasto – non sussiste

Gli artt. 22, lett. d), e 2, comma 4, lett. a), delle Norme di funzionamento degli organi tecnici dell’AIA-NFOT, là dove prevedono l’avvicendamento dell’arbitro nei cui confronti siano stati adottati negli ultimi 10 anni dagli organi di giustizia dell’AIA, della FIGC, del CONI e dagli organismi sportivi internazionali, provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione e sospensione disciplinare, per una durata complessiva superiore ad un anno, non contrastano con i principi di ragionevolezza, proporzionalità e parità di trattamento. I principi di ragionevolezza e proporzionalità costituiscono distinti principi immanenti del nostro ordinamento, riferendosi il primo alla “qualità” del potere utilizzato, inteso come rapporto tra mezzo utilizzato e fine cui si tende ed il secondo alla “quantità” del medesimo potere, nel rapporto con quella utilizzata in situazioni analoghe; in tal senso, sussiste il vizio di ragionevolezza laddove "la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio" (Corte costituzionale n. 43/1997). Rientra nella fisiologia di qualsiasi rapporto – e, pertanto, debba ritenersi razionale - che a fronte di determinate violazioni delle regole deontologiche corrisponda una sospensione del rapporto stesso così come non è dubbio che, in presenza di violazioni di particolare gravità, a tale sospensione si aggiungano altre e più gravi conseguenze. Il presupposto delle disposizioni interne all’AIA è l’emanazione nei confronti dell’arbitro di provvedimenti disciplinari sportivi definitivi che ne comportino l’inibizione e la sospensione disciplinare, per un periodo complessivo di oltre un anno. Posta la particolare delicatezza della funzione arbitrale all’interno della dinamica sportiva, funzione che impone a chi la svolge non solo una particolare preparazione atletica ma anche il rispetto di un rigoroso codice etico, non può ritenersi irrazionale che l’ordinamento - là dove si sia in presenza di violazioni particolarmente gravi delle norme deontologiche - preveda, oltre alla sospensione, un’ulteriore conseguenza in capo al trasgressore. Peraltro, la previsione ordinamentale de qua non si riflette sul rapporto associativo ma si limita a prevedere il mero avvicendamento del soggetto sanzionato disciplinarmente al fine di evitare di attribuire al medesimo la direzione delle competizioni di maggior rilievo. Una simile previsione, volta a favorire l’arbitraggio delle gare di maggior rilievo agli arbitri privi di gravissimi precedenti disciplinari, così da mantenere elevato la standard deontologico dei soggetti chiamati a dirigere tali gare, appare pienamente razionale, in quanto utilizza un mezzo (l’avvicendamento) del tutto proporzionato al fine (la tutela degli standard deontologici intrinseci all’attività sportiva) che si intende raggiungere. Del resto, l’individuazione del valore ultrannuale del periodo di sospensione quale parametro di gravità idonea a far conseguire l’obbligo di avvicendamento appare del tutto logico, tenuto conto della particolare ampiezza del periodo di sospensione e della particolare gravità delle condotte che possono comportare una così elevata sanzione.

Stagione: 2022-2023

Numero: n. 27/CFA/2022-2023/B

Presidente: Torsello

Relatore: Caso

Riferimenti normativi: 22, lett. d), e 2, comma 4, lett. a), NFOT

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