Corte federale d’appello – notificazione del reclamo alle parti – art. 103, comma 1, primo periodo CGS – Presidente della Corte - accertamento dell’avvenuta notificazione del reclamo alle parti - accertamento preliminare e sommario – non comporta sanatoria di eventuali vizi o assunzione in via monocratica di decisioni definitive - onere di notifica per il reclamante – rimane fermo

Il primo periodo del primo comma dell’art. 103 del Codice, che prevede che “entro dieci giorni dal deposito del reclamo, il Presidente della Corte federale di appello, accertata l'avvenuta notificazione del reclamo alle parti, fissa l'udienza di discussione, che deve tenersi entro trenta giorni dal deposito del reclamo stesso”, non chiarisce quali siano i poteri del Presidente della Corte federale d’appello, o del Presidente di sezione delegato, e quale sia il significato della proposizione “accertata l’avvenuta notificazione del reclamo alle parti”. Tale ultima previsione è contenuta, peraltro, in numerose disposizioni del codice (artt. 85, primo comma, 87, primo comma, 93, primo comma, 95, primo comma, 97, primo comma, 103, primo comma, 114, secondo comma). Il codice previgente, d’altro canto, non conteneva una norma di analogo tenore. In base a una prima ricostruzione, potrebbe ritenersi che dall’inciso “accertata l’avvenuta notificazione del reclamo alle parti” possa desumersi l’esistenza di un dovere del Presidente non solo di verificare la ritualità della notificazione, ma anche di dichiarare l’inammissibilità del reclamo in caso di omissione della notifica a una delle parti necessarie del giudizio (quantomeno nelle ipotesi in cui il procedimento notificatorio non sia stato avviato dal reclamante nei termini previsti dall’art. 101 del codice). Una tale soluzione non appare, però, percorribile. Il codice non attribuisce espressamente un potere monocratico di tale tipo al presidente né può pervenirsi a tale conclusione dal citato inciso contenuto nel primo comma dell’art. 103, che si limita a descrivere un elemento della fattispecie senza indicare le conseguenze giuridiche derivanti dall’accertamento della mancanza ovvero della irritualità della notifica. Tale risultato ermeneutico non sembra, d’altro canto, coerente con i principi costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio (artt. 24 e 111 Cost.), come enucleati dall’art. 2 del Codice di giustizia sportiva del CONI, secondo il quale il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo. Da tali principi consegue che il potere monocratico di dichiarare l’inammissibilità ovvero l’irricevibilità del ricorso deve essere espressamente e chiaramente attribuito. Una diversa soluzione interpretativa vorrebbe attribuire al presidente, previo accertamento dell’irritualità o della mancanza della notifica, il dovere di disporre l’integrazione del contraddittorio ovvero il rinnovo della stessa irregolare notifica. Anche tale conclusione non appare condivisibile. Gli stringenti termini perentori previsti dal codice (lo stesso art. 103 richiede che l’udienza di discussione sia fissata entro trenta giorni dal deposito del reclamo) non sembrano compatibili con un puntuale accertamento, in sede monocratica e prima dell’udienza, del perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti dei controinteressati. Infatti non può non rilevarsi che – interpretando alla lettera la disposizione – se il Presidente dovesse “accertare”, in senso proprio, l’avvenuta notificazione, ciò potrebbe comportare, in taluni casi, la necessità di attendere un lungo (e talvolta indeterminato) periodo di tempo prima della fissazione dell’udienza. E ciò soprattutto allorché il reclamante abbia utilizzato forme tradizionali di notificazione, quali quelle postali, con la conseguente necessità di attendere che pervenga l’avviso di ricevimento di un atto notificato a mezzo posta. E’ noto, infatti, che, pur a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, le cui statuizioni sono state recepite in sede legislativa dall'art. 2, comma 1, lett. e), della legge 28 dicembre 2005 n. 263 (che ha aggiunto all'art. 149 CPC il seguente comma: “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell'atto”), “resta naturalmente fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell'atto, attestata dall'avviso di ricevimento” (Corte cost. n. 477/2002, cit.). Pertanto un “accertamento” dell’avvenuta notificazione in senso proprio non potrebbe prescindere dall’acquisizione al fascicolo d’ufficio dell’avviso di ricevimento. Sotto un profilo più squisitamente interpretativo, in questa prospettiva, tale soluzione si porrebbe in contrasto con le numerose disposizioni che prevedono termini stringenti per le varie fasi del giudizio e, più in generale, con la perentorietà dei termini prevista dal Codice (art. 44, comma 6). Il che si risolverebbe nella vanificazione di uno dei principi fondamentali della giustizia sportiva: la tempestività delle decisioni, in quanto in tale sistema v’è “la necessità d'avere risposte rapide e tecnicamente più vicine al contesto da cui le liti insorgono, a causa del progredire incessante delle competizioni agonistiche, le quali appunto impongono risoluzioni veloci e prive d'eccessive solennità delle liti stesse” (Tar Lazio, n. 4263/2005). D’altro canto, la verifica della regolarità della notifica, oltre a richiedere tempi non compatibili con il codice di giustizia sportiva, implica accertamenti che possono comportare l’adozione di provvedimenti che il codice attribuisce alla competenza del collegio, il quale, se ritiene, potrà disporre la rinnovazione della notifica, integrare il contraddittorio ovvero dichiarare inammissibile il ricorso, a seconda della irregolarità che venga in rilievo nel caso specifico e delle norme concretamente applicabili. La soluzione in esame presenta senz’altro il pregio, in taluni casi, di accelerare la durata del procedimento, ma presuppone l’esistenza di una norma che attribuisca in modo espresso un potere monocratico al presidente che non risulta conferito dall’art. 103. Il collegio, d’altro canto, potrebbe essere di avviso differente dall’opinione espressa dal presidente in ordine alla ammissibilità o meno del rinnovo della notifica o dell’integrazione del contraddittorio, nel qual caso la soluzione ermeneutica in esame non sarebbe coerente con i principi di economicità dei mezzi processuali e di ragionevole durata del procedimento. Escluse, pertanto, le suddette opzioni interpretative, il collegio ritiene che la disposizione ponga, a carico del presidente, il dovere di svolgere un preliminare e sommario accertamento sull’attivazione del procedimento notificatorio nei confronti delle parti controinteressate al fine di verificare, prima facie, se le stesse siano state rese edotte della pendenza della lite. E ciò, evidentemente, fermo l’onere per il reclamante previsto dall’art. 49, comma 4, del Codice, secondo cui “copia della dichiarazione con la quale viene preannunciato il ricorso o il reclamo e copia del ricorso o del reclamo stesso, deve essere inviata contestualmente all’eventuale controparte”. Si tratta, pertanto, di un accertamento limitato alla sola corretta introduzione del procedimento notificatorio alle parti (in conformità con il principio di scissione degli effetti della notificazione dell’atto, affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 477 del 26 novembre 2002, sopra detta), all’esito del quale il Presidente provvederà a trasmettere, insieme con l’avviso di fissazione dell’udienza, anche il reclamo alle parti necessarie alle quali il reclamo medesimo non sia stato notificato o sia stato irritualmente notificato, di modo che queste possano scegliere la strategia difensiva da adottare. La soluzione interpretativa scelta dal collegio sotto un profilo logico è pienamente compatibile con la tutela del diritto di difesa sia del reclamante che delle altre parti, le quali vengono in tal modo a completa conoscenza del contenuto del reclamo e della data dell’udienza in cui potranno formulare le proprie difese e deduzioni; risulta corrispondente alla ripartizione dei poteri tra presidente e collegio, in quanto attribuisce al collegio il potere di assumere qualsiasi decisione sugli effetti della condotta processuale del reclamante; non comporta alcuna sanatoria di eventuali vizi né l’assunzione in via monocratica di decisioni definitive sul reclamo proposto, limitandosi a stimolare il contraddittorio di tutte le parti interessate alla vicenda processuale; appare coerente con lo stesso principio del contraddittorio che impone il coinvolgimento processuale delle parti necessarie nel giudizio (cfr. Collegio di Garanzia dello Sport, Prima Sezione, decisione 13 luglio 2018, n. 39, con riferimento all’art. 27, primo comma, CPA). In una prospettiva sistematica, la soluzione scelta appare anche coerente con la disciplina contenuta nell’art. 37, comma 2, del codice della giustizia sportiva del CONI, ai sensi del quale “Il reclamo e il provvedimento di fissazione d’udienza sono comunicati, a cura della segreteria, ai rappresentanti della parte intimata e delle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio ovvero alle stesse parti personalmente”. La citata disposizione, contenuta nel Capo II, intitolato “Procedimenti” del Titolo III, intitolato “Giudici Federali” del codice prevede, a prescindere dagli oneri processuali a carico della parte, che il reclamo e il provvedimento di fissazione dell’udienza debbano essere comunicati alle parti interessate. Posta la polisemia delle espressioni contenute nell’art. 103 del codice della giustizia sportiva della FIGC, l’art. 37 del codice della giustizia sportiva del CONI costituisce quindi un elemento interpretativo, anche in considerazione della necessità di garantire l’adozione di una soluzione uniforme nell’ordinamento sportivo, che spinge l’interprete ad adottare la soluzione delineata. Pertanto, l’art. 103 del codice di giustizia sportiva della FIGC deve essere interpretato nel senso che il presidente, dopo aver svolto un preliminare e sommario accertamento sulla ritualità della notificazione del reclamo alle parti, trasmette il reclamo e comunica il provvedimento di fissazione dell’udienza anche alle parti necessarie interessate alle quali non sia stato trasmesso o ritualmente trasmesso il reclamo.

Stagione: 2019-2020

Numero: n. 27/CFA/2019-2020

Presidente: Torsello

Relatore: Tuccillo

Riferimenti normativi: art. 103, comma 1, primo periodo CGS

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1. Entro dieci giorni dal deposito del reclamo, il Presidente della Corte federale di appello, accertata l'avvenuta notificazione del reclamo alle parti, fissa l'udienza di discussione, che deve tenersi entro trenta giorni dal deposito del reclamo stesso. Il Presidente dispone la notificazione dell’avviso di fissazione alle parti, con l’avvertimento che gli atti relativi al procedimento restano depositati presso la segreteria della Sezione fino a tre giorni prima della data fissata per l'udienza e che, entro tale termine, il reclamante, i soggetti nei cui confronti il reclamo è proposto o comunque interessati, possono prenderne visione ed estrarne copia; entro il medesimo termine le parti possono depositare memorie, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti.
2. Tra la data di ricezione dell'avviso di fissazione e la data fissata per l'udienza innanzi alla Corte Federale di appello deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi, fatta salva la facoltà del Presidente di abbreviare il termine per giusti motivi, purché sia assicurato alle parti l'esercizio effettivo del diritto di difesa.
3. Tutti i reclami proposti separatamente in relazione al medesimo fatto o alla medesima deliberazione sono riuniti, anche d'ufficio, in un solo procedimento.

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