Processo sportivo in genere – offese contenute negli scritti – non punibilità - condizioni
Secondo la giurisprudenza (Cass. pen., Sez. VI, n. 22376/2022) perché possa ricorrere la scriminante prevista dall'art. 598 c.p. - secondo cui “Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo” - è necessario che le espressioni ingiuriose siano adoperate in scritti o discorsi dinanzi all'autorità giudiziaria e concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta, quand'anche non necessarie o decisive (tra tante, Sez. 5, n. 8421 del 23/01/2019, Rv. 275620). L'espressione oggettivamente ingiuriosa non deve essere quindi gratuita, ma deve essere funzionale all'esercizio del diritto di difesa, non potendo costituire il mero richiamo ad esigenze difensive il pretesto per svillaneggiare impunemente le parti processuali. Come ha evidenziato la Corte costituzionale, la tutela della libertà della difesa, che potrebbe non essere efficiente se non fosse libera dalla preoccupazione di possibili incriminazioni per offese all'altrui onore e decoro, non attribuisce infatti una singolare facoltà di offendere (sent. n. 380 del 1999), Sul tema dell'abuso delle facoltà difensive, si è già da tempo pronunciata la giurisprudenza di legittimità, ponendo in risalto anche i pronunciamenti delle istanze giudiziarie sovranazionali sul tema (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, Rv. 251496). Il diritto di difesa trova invero il suo limite quando trasmodi "in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale" (Sez. U. civ., n. 23726 del 15/11/2007, Rv. 599316) o si esprima in condotte "manifestamente contrarie alla finalità per la quale il diritto è riconosciuto" e che ostacoli il buon funzionamento dell'autorità giudicante e il buono svolgimento del procedimento dinanzi ad essa (Corte EDU, Molubovs e altri c. Lettonia, p.p. 62 e 65; Corte EDU, 18/11/2011, Petrovic c. Serbia) o per far valere un diritto che confligge con gli scopi di questo (Corte U.E., 20/09/2007, Tum e Dari, p. 64; 21/02/2006, Halifax e a., e ivi citate, p. 68). Muovendo dagli arresti della giurisprudenza delle Sezioni Unite civili, della Corte di Strasburgo e della Corte di Lussemburgo, la Suprema Corte nella sentenza Rossi ha enucleato la nozione di abuso del processo, quale vizio, per sviamento, della funzione, che si concreta quando l'imputato realizza uno "sviamento" della funzione dei diritti o delle facoltà che l'ordinamento processuale astrattamente gli riconosce, esercitandoli per scopi diversi da quelli per i quali gli sono riconosciuti. (Il caso di specie riguardava la circostanza che nel corso di un procedimento dinanzi alla Corte Sportiva d’Appello Territoriale gli incolpati avevano depositato una “ricevuta di mancata consegna pec” relativa ad un messaggio di posta elettronica certificata che sarebbe stato inviato all’indirizzo inesistente contenente vocaboli palesemente volgari e sconvenienti; la Corte ha ritenuto che mancasse il riferimento diretto ed immediato all’oggetto della controversia della espressione offensiva e che la stessa tesi difensiva poteva ben essere portata in evidenza, utilizzando qualsivoglia altro indirizzo di fantasia, e mai quell’indirizzo così volgare e offensivo nei confronti dell’organo giudicante e dell’intera giustizia sportiva.).
Stagione: 2023-2024
Numero: n. 118/CFA/2023-2024/B
Presidente: Torsello
Relatore: Baliva