Comportamenti discriminatori - art. 28 CGS - principi generali

La Convenzione europea per i diritti dell’uomo sancisce il diritto al rispetto della vita privata delle persone (art. 8) e ne garantisce il godimento mediante il divieto di discriminazione per motivi di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione (art. 14). La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce all’art. 1 che “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata” e pone all’art. 21 il divieto di “qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”. Il divieto di ogni forma di discriminazione per motivi di sesso o di razza costituisce un principio fondamentale anche per la Costituzione repubblicana (art. 3). Il diritto costituzionalmente tutelato alla libera espressione della propria identità sessuale è stato espressamente ascritto dalla Suprema Corte di legittimità al novero dei diritti inviolabili della persona di cui all’art. 2 Cost., quale essenziale forma di realizzazione della propria personalità (Cass. 16417/2007), mentre sul versante della tutela penale si è ritenuta necessaria una effettiva e realmente afflittiva tutela repressiva con riguardo al reato di ingiuria per motivi inerenti all’orientamento sessuale (Cass. pen. 24513/2006). In tale contesto viene in risalto anche l’art. 33, il cui ultimo comma, aggiunto con la legge costituzionale 26 settembre 2023 n. 1, ha sancito il principio secondo cui “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività̀ sportiva in tutte le sue forme”. La norma riflette i contenuti di dispositivi qualificati a livello sovranazionale, ed evidenzia come lo sport debba essere praticato e coltivato come un prezioso alleato nell’educazione, nell’inclusione sociale e nel miglioramento del benessere complessivo di tutti i cittadini (Cass. Civ. sez. III, 25/07/2024, n.20790). Essa autorizza una lettura ermeneutica dell’attività sportiva non solo come valore in sé, ma soprattutto come veicolo di valori, quale strumento di inclusione sociale e di promozione del pieno sviluppo della persona umana, specie con riguardo al suo benessere psico-fisico. Nella stessa prospettiva si pongono le disposizioni di cui all’art. 16 del d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39 che impegna le Federazioni sportive nazionali all’obbligo di redigere le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. L’ordinamento federale si è pienamente conformato ai suindicati valori, palesando chiaramente la volontà di contrastare e punire severamente tutti i comportamenti discriminatori. Lo Statuto della FIGC erige a principio fondamentale l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza (art. 2, comma 5). In questo quadro si inserisce l’art. 28 del Codice di giustizia sportiva FIGC, riguardante “Comportamenti discriminatori”. La norma palesa l’esigenza, avvertita anche nell’ambito dell’ordinamento sportivo, di conferire adeguata tutela alla dignità ed alla libertà di tutti e di ciascuno a prescindere dalla religione, dall’appartenenza etnica e territoriale, dal colore della pelle, dall’orientamento sessuale. La particolare severità della sanzione, fissata dal secondo comma nella durata minima di dieci giorni di squalifica, è funzionale a garantire il contrasto effettivo ed efficace a ogni forma di discriminazione per motivi razziali o inerenti all’orientamento sessuale.

Stagione: 2024-2025

Numero: n. 115/CFA/2024-2025/A

Presidente: Torsello

Relatore: Giordano

Riferimenti normativi: art. 28 CGS; Convenzione europea per i diritti dell’uomo; art. 1 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; art. 33 Cost.

Articoli

1. Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori.
2. Il calciatore che commette una violazione di cui al comma 1 è punito con la squalifica per almeno dieci giornate di gara o, nei casi più gravi, con una squalifica a tempo determinato e con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 10.000,00 ad euro 20.000,00.
3. I dirigenti, i tesserati di società, i soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che commettono una violazione di cui al comma 1, sono puniti con l’inibizione o la squalifica non inferiore a quattro mesi o, nei casi più gravi, anche con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 15.000,00 ad euro 30.000,00.
4. Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione. In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lettera d). Qualora alla prima violazione si verifichino fatti particolarmente gravi e rilevanti, possono essere inflitte, anche congiuntamente e disgiuntamente tra loro, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere e), f), g), i), m). In caso di violazione successiva alla prima, oltre all’ammenda di almeno euro 50.000,00 per le società professionistiche e di almeno euro 1.000,00 per le società dilettantistiche, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro, tenuto conto delle concrete circostanze dei fatti e della gravità e rilevanza degli stessi, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere d), e), f), g), i), m).
5. Le società sono responsabili delle dichiarazioni e dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che in qualunque modo possono contribuire a determinare fatti di discriminazione o ne costituiscono apologia. La responsabilità della società concorre con quella del singolo dirigente, tesserato, socio e non socio di cui all'art. 2, comma 2. Per tali violazioni si applicano le sanzioni di cui al comma 4.
6. Prima dell'inizio della gara, la società avverte il pubblico delle sanzioni previste a carico della stessa società in conseguenza a comportamenti discriminatori posti in essere da parte dei sostenitori. Alla violazione della presente disposizione si applica la sanzione di cui all'art. 8, comma 1, lettera b).
7. Gli organi di giustizia sportiva possono sospendere la esecuzione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 8, comma 1, lett. d), e), f), inflitte alla società in applicazione del comma 4. Con la sospensione della esecuzione della sanzione, gli organi di giustizia sportiva sottopongono la società ad un periodo di prova di un anno. Se durante il periodo di prova, la società incorre nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella inflitta per la nuova violazione.

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