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L'intervista a Sandro Mazzola

giovedì 18 ottobre 2012

Milano, 18 ottobre 2012 – “A rappresentare la Nazionale azzurra di qualche anno fa, un grande campione: Sandro Mazzola!”. Con queste parole lo speaker di Vivo Azzurro ha accolto al Vivo Azzurro Puma Village di Milano la leggenda del calcio italiano.

“E’ bellissimo vedere questi ragazzini che imparano a giocare a pallone divertendosi e stando insieme, è molto importante!”, ha esordito Mazzola, aggirandosi tra i piccoli calciatori giunti in massa, sul campo dell’Arena Civica “Gianni Brera”, per divertirsi nel villaggio azzurro...

 

Segue l'intervista che il Campione d'Europa 1968 ha voluto rilasciare in esculsiva a Vivoazzurro.it

IL VIDEO DELL'INTERVISTA

 

Com'era Sandro Mazzola quando aveva l’età di questi ragazzi?

Vivevo in un altro mondo. Io abitavo a Milano nella zona dei poveri, a Porta Ticinese, vicino ai Navigli, che non erano i Navigli di oggi. Andavo a giocare all’oratorio di San Lorenzo, che aveva un campetto in asfalto piccolissimo, con, da una parte, le uscite di sicurezza del cinema e dell’oratorio, dall’altra una colonna di mattoni, e due porte messe lì dal prete. Giocavamo in uno spazio di 20 per 25 o 30 metri, ogni volta in minimo 15-20 ragazzi: se non imparavi a dribblare non la prendevi mai… E infatti una delle mie peculiarità da calciatore era il dribbling… quello che avevo dovuto imparare per forza nel campo dell’oratorio di San Lorenzo.

 

Nel campetto della basilica di San Lorenzo, immagino, che lei dribblasse tutti, anche i ragazzi più grandi…

Certo! Tra l’altro, fra i ragazzi più grandi c’erano due personaggi che poi sono diventati importanti: Adriano Celentano e Tony Renis… Tony Renis era molto bravo, dribblava tanto.. e ai tempi chi dribblava tanto era chiamato “veneziano”, e lui era “il venesia”… mentre Celentano, coi piedoni che aveva, già grandi per la sua età, veniva mandato in porta proprio da Tony Renis. Gli diceva che non sapeva giocare, e Adriano si arrabbiava perché invece voleva giocare a pallone, e quindi era sempre una bellissima diatriba in milanese tra loro due… che poi il milanese di Adriano, non era del tutto milanese...

 

Adriano Celentano è il “molleggiato” per eccellenza, com’era nei movimenti…

Lui “molleggiato” lo era già allora… solo che quando doveva calciare picchiava per terra e si faceva anche male alle caviglie…

 

Che ricordo ha di suo padre, il grande Valentino Mazzola?

Io mio papà me lo ricordo poco, perché avevo poco più di sei anni quando è successa la tragedia, e probabilmente, la mia mente di bambino ha cancellato tante cose…

Mi ricordo è che mi portava al campo di allenamento del Torino, che allora era il Filadelfia, dove poi giocava la squadra. Io avevo il mio stipetto… Poi a 15 anni, giocai una partita di campionato allievi contro il Torino (Mazzola giocava nell'Inter n.d.r), proprio su quel campo. Il vecchio magazziniere di mio papà, che era ancora magazziniere del Torino, mi venne incontro piangendo, e mi disse: “guarda, conservo ancora nella mia cantina, sotto lo stadio, lo stipetto di tuo padre e il tuo, vieni a vedere se ti ricordi… “. Beh, dopo, in quella partita non presi mai la palla. E a fine gara, Giuseppe Meazza, che era l’allenatore e il responsabile del settore giovanile dell’Inter, entrò in mezzo al campo, mi mise la mano sulla spalla, e mi disse: “preocupes no, g'ho capit tutt!”.

Poi ricordo ancora che, quando da piccolino entravo al Filadelfia con la maglia del Torino, i giocatori mi facevano fare i palleggi; poi tiravo in porta a Bacigalupo, che era il grande portiere del Toro e della Nazionale… lui mi faceva fare gol, e io, tutto contento, facevo il giro del campo.

 

Invece di Giuseppe Meazza cos’altro ricorda?

Era una persona eccezionale. Noi lo guardavamo pensando di vedere il Dio del calcio. Anche perché quando si metteva in tuta e ci faceva vedere come si calciava, lui la palla l’accarezzava, benché questa andasse via a 100 allora! Era una cosa fantastica... Mi ricordo una partita, disputata al campo Bramante, in zona Fiera… io giocavo all’ala destra, perché ero piccolo e magro. Già soffrivo il fatto di correre lì su quella riga, anche perché volevo fare la mezzala… Alla fine del primo tempo, entrai nello spogliatoio lamentandomi con un compagno, che non mi aveva dato il pallone, nonostante io, per due o tre volte, glielo avessi passato, e avessi corso per smarcarmi… Meazza ha sentito, è venuto da me, e mi ha detto: “Ricordati che io ho vinto due campionati del Mondo, e non mi sono mai lamentato con un mio compagno. Se ti sento un’altra volta, non giochi più!"... Beh, quell’insegnamento mi è rimasto dentro ancora oggi!.

 

Qual è stato il momento più felice legato alla maglia Azzurra?

Credo il Campionato d’Europa del ’68 che abbiamo conquistato a Roma. Perché l’Italia dopo il ’38 non aveva mai vinto.

Allora, quando andavamo all’estero, ci chiamavano “maccaroni”, tiravano ancora in ballo Mussolini, gli spaghetti, e non eravamo per niente considerati. Noi soffrivamo di questa situazione. Quindi vincere un campionato europeo, dopo tanti anni, fu una soddisfazione grandissima.

Ricordo che quella notte facemmo il giro di Roma con il pullman, con i finestrini abbassati, e tantissima gente fuori… Per noi voleva dire, in un certo modo, avere riportato in alto il nome dell’Italia calcistica, che prima non era considerata. Tutti noi siamo sempre stati molto orgogliosi di quella vittoria.

 

Ha mai parlato con Rivera della famosa “staffetta” del Mondiale 1970?

L’unica volta che ne abbiam parlato ci siamo messi a ridere. Abbiamo detto “noi Italiani siamo dei fenomeni” , perché siamo gli unici che quando ne hanno due bravi ne mettono prima uno e poi l’altro… L’abbiamo sofferta tutti e due. Lui perché doveva entrare alla fine del primo tempo, e io perché dovevo uscire… e non vuoi mai uscire, vuoi sempre andare avanti, vuoi sempre giocare…

Credo che solo noi siamo stati capaci di fare una cosa del genere. E’ come se i tedeschi tra Overath e Netzer, ne mettessero uno nel primo tempo e uno nel secondo. Non l’hanno mai fatto. O giocava uno, o giocava l’altro, o giocavano tutti e due. Però noi Italiani siamo speciali anche in questo!

 

 

 (Redazione di www.vivoazzurro.it)