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Gigi Riva e la sua Sardegna

giovedì 4 aprile 2013

Gigi Riva e la sua Sardegna

Roma, 4 aprile 2013 - Gigi Riva è stato un'icona calcistica sotto diversi punti di vista. Emblema di potenza, tenacia e capacità realizzative, viene da molti considerato il miglior centravanti Azzurro di sempre.

Tuttavia, l'attaccante di Leggiuno (Varese) è stato anche una delle "bandiere" calcistiche più rappresentative, avendo dedicato un'intera carriera sostanzialmente ai colori di solo un club: il Cagliari.

Un esemplare attaccamento alla maglia che lo ha portato a rinunciare a trasferimenti, probabilmente, più redditizi in termini economici ed agonistici.

 

"Rombo di Tuono" ha raccontato ad Alberto Cerruti de La Gazzetta dello Sport i retroscena che stanno dietro alla sua "life-story" con la maglia rosso-blu:

 

Ero in aereo, stavo tornando da Roma, a metà marzo del 1963, dopo una partita vinta con la nazionale Juniores contro la Spagna, quando si avvicinò Lupi, mio allenatore del Legnano, per dirmi tre parole, non una di più: "Ti abbiamo venduto". Pensai al Bologna, perchè Bernardini sulla prima pagina della "Gazzetta" aveva detto che gli piacevo, o all'Inter che mi seguiva ed era la mia squadra del cuore. Lupi non aggiunse altro. Allora gli chiesi: "Venduto a chi?". Mi rispose "Al Cagliari" e per me era come se fosse caduto l'aereo. Gli dissi subito che non ci sarei mai andato, a costo di rimanere fermo un anno e lui sapeva che ero testardo.

Quando arrivai a casa, mia sorella Fausta, che mi faceva da mamma, mi invitò a riflettere e dopo qualche giorno di resistenza raggiungemmo un compromesso. Il presidente del Legnano, Caccia, un brav'uomo che non voleva perdere 37 milioni, tanti soldi allora, mi propose di andare qualche giorno a Cagliari, con la promessa di stracciare il contratto se non mi fossi trovato bene. E così in un giorno di primavera, ma non ricordo quale, andai con mia sorella e Lupi.

Partimmo la mattina da Milano con un turboelica che fece scalo a Genova e poi ad Alghero. Arrivammo a Cagliari di sera e quando vidi le luci nel golfo mi lasciai scappare: "Quella è l'Africa". Lupi si arrabbiò e mi diede un calcio nel sedere. Il giorno dopo andai al campo, l'Amsicora, che non aveva un filo d'erba e pensai "Dove sono capitato". Però i ragazzi mi fecero festa e l'argentino Longo, una bella persona, mi prese subito sotto la sua protezione. Rimasi qualche giorno e l'idea di passare dalla C alla B alla fine mi convinse ad accettare.

 

I primi mesi sono stati tristi, alle nove di sera non girava più nessuno. Stavo con gli altri scapoli, Cera, Nenè, Tomasini. Non avevo la patente e mi aggrappavo dietro al tram per andare da via Roma a casa, senza pagare. Poi presi in comproprietà una Fiat 600 con Cera e Cappellaro, andando a guidare di nascosto sulla pista dello stadio, per imparare. L'istruttore un giorno mi disse che mi avrebbe dato la patente se avessi segnato la domenica. Feci una doppietta a Verona e arrivò la patente.

 

Lo scudetto vinto con il Cagliari ha influito molto sulla mia decisione di restare, ma la Sardegna mi aveva già conquistato. Quando vedevo la gente che partiva alla 8 da Sassari e alle 11 lo stadio era già pieno, capivo che per i sardi il calcio era tutto. Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo. I banditi facevano i banditi per fame, perché allora c'era tanta fame, come oggi purtroppo. Il Cagliari era tutto per tutti e io capii che non potevo togliere le uniche gioie ai pastori. Sarebbe stata una vigliaccata andare via, malgrado tutti i soldi della Juve. Dopo ogni partita spuntava Allodi che mi diceva "Dai, telefoniamo a Boniperti". Ma io non ho mai avuto il minimo dubbio e non mi sono mai pentito.

Della Sardegna mi piace Il verde delle foreste dell'Ogliastra, in cui cammini per venti minuti senza vedere il cielo.

Dei sardi mi piace la generosità. Mi hanno sempre fatto sentire uno di loro, attorno a tavolate con salsicce e maialino. E poi abbiamo lo stesso carattere, non ci mettiamo in mostra, siamo silenziosi. Voglio bene a Leggiuno, alle mie sorelle e ai miei nipoti lombardi, ma torno sempre volentieri qui, perché mi sento un vagabondo sardo.

 

L'intervista integrale a Gigi Riva è pubblicata sul numero odierno de La Gazzetta dello Sport.