Cristina Detti (Un Calcio Per Tutti): la cura dell'ottimismo per superare anche i momenti più difficili
Bisogna sempre essere ottimisti. Questo è il messaggio che arriva da Cristina Detti, dirigente e anima del progetto Un Calcio Per Tuttilunedì 16 marzo 2020
In giorni difficili come quelli che stiamo attraversando, rivivere con entusiasmo l'avventura di questa giovane ma attivissima realtà toscana ci regala un raggio di luce per illuminare la speranza di un futuro migliore, possibilmente prossimo.
Com'è cominciata l'esperienza di Un Calcio Per Tutti? Ci racconti gli inizi dell'associazione e i suoi scopi?
“Un Calcio Per Tutti è un Progetto nato nel 2013; dopo aver visto un video di un evento sull'Autismo organizzato a Novara cui stava partecipando il Presidente della nostra Onlus, il giocatore del Novara Daniele Buzzegoli. Io e il Direttore generale di Asd Lastrigiana Calcio Enrico Gallo, abbiamo pensato che potevamo provare a realizzare un'attività calcistica diretta a chi, a causa delle proprie disabilità fisiche e intellettive, era impossibilitato ad avvicinarcisi. Il calcio è uno sport fortemente inclusivo perché non vince il giocatore, vince la squadra quindi tutti sono indispensabili per raggiungere lo stesso obiettivo.
Io provengo dal mondo della scuola, facevo all'epoca parte di un' associazione che si occupa di disabilità e sapevo quanto fosse importante ma difficile organizzare attività extrascolastiche per i bambini e i ragazzi dai 4 ai 20 anni. Ci siamo quindi messi in moto, ognuno di noi con le proprie competenze specifiche, cercando uno spazio dove poter fare attività, mettendoci insieme noi di Asd Lastrigiana Calcio con un' altra realtà sportiva del nostro territorio, l'Asd Malmantile Calcio, e chiedendo collaborazione al Comune di Lastra a Signa, il cui Sindaco ha sposato fin da subito con entusiasmo e serietà la proposta.
Abbiamo chiesto alla Delegazione provinciale di Firenze della FIGC aiuto per tesserare i nostri futuri atleti ed infine abbiamo coinvolto un'organizzazione molto attiva, la Misericordia di Malmantile, per aiutarci a gestire i ragazzi e le ragazze sia durante i trasporti che negli spogliatoi, in modo da favorire le loro autonomie e far rilassare i genitori, che restano sugli spalti. Mancava il personale formato: una vera sfida, perché ci sono molti allenatori di calcio, ma pochi in grado di lavorare con bambini speciali.
Ecco che la FIGC ci ha inviato un allenatore che ci ha seguito per un breve periodo e che ha dato preziose indicazioni per iniziare a lavorare a questo ambizioso progetto. Siamo, quindi, riusciti ad organizzare il primo team tecnico del progetto Un Calcio Per Tutti. All'inizio della prima stagione avevamo 8 bambini e 5 allenatori, con una psicologa sempre in campo per mediare i conflitti e le dinamiche interne a questo piccolo gruppo. Dopo 7 anni di attività, siamo diventati 35 tra atleti e atlete, con 15 istruttori, un'educatrice, una psicomotricista funzionale e due psicologhe; quasi tutti - ci tengo a dirlo - volontari. Ogni anno facciamo Formazione e questo arricchisce sempre più le competenze del team. Ma soprattutto siamo felici di lavorare tutti insieme e questa energia è importante per i nostri ragazzi".
Perché avete visto sin da subito nella pratica calcistica il fattore chiave per promuovere l'integrazione e la socializzazione?
"I nostri atleti hanno tutte disabilità diverse, dall'autismo alla sindrome di Lennox Gasteaux, alla Sindrome di Down ecc. Questo fa sì che ognuno di loro abbia esigenze diverse e che debba essere seguito in modo personalizzato.
Quindi uno si domanderà: come fa a giocare a calcio e socializzare con gli altri se deve lavorare in modo individuale? Lo fanno eccome, suddividendo - gli allenatori e le professioniste - in varie fasi l'attività degli allenamenti. Cercando di rafforzare le loro competenze e abilità nella parte iniziale dell'allenamento, possono poi provare a metterle in pratica nella parte successiva della seduta, quella cui tutti fanno la partitella. Alcuni condotti per mano, alcuni solo per pochi minuti, ma tutti partecipi.
La filosofia della nostra Onlus (diventata ufficialmente tale nel 2017) è che tutti possono giocare a calcio. Ma proprio tutti. Quando facciamo gli allenamenti per i Campionati di Calcio Integrato con gli atleti delle squadre partecipanti al Progetto (Asd Lastrigiana e Asd Malmantile, ndr) spesso si assistono a degli autentici 'miracoli' cioè i nostri atleti speciali giocano alla pari con gli altri, che sanno di essere per loro dei 'tutor formativi' a livello calcistico.
I nostri atleti più piccoli, dai 4 agli 11 anni non vedono l'ora di fare queste esperienze!
Direi, quindi, che il termine integrazione non è proprio corretto in questo tipo di calcio: è l'inclusione a cui si deve tendere: tutti su uno stesso piano. Utopistico? Noi ci proviamo perché ci crediamo".
Come avete affrontato lo scorso anno la partecipazione al torneo di Quarta Categoria? Quali erano i vostri obiettivi e le vostre ambizioni sportive e sociali? Come sono cambiate per voi le cose quest'anno?
"Lo scorso anno ho proposto alla Onlus di partecipare a questo Campionato perché mi è sembrato giusto poter far fare questa esperienza alla squadra. Avevamo sempre giocato, ma non in modo così' strutturato ed ufficiale. Hanno accettato con grande entusiasmo e con quello abbiamo portato avanti il nostro impegno durante il Campionato, consapevoli di essere delle Cenerentole perché abbiamo sicuramente atleti più piccoli come età rispetto ad altri e di sicuro più acerbi come tecnica e capacità". Ma i ragazzi si sono divertiti, le famiglie entusiaste, un tifo pazzesco ci ha accompagnato. Secondo me, questo è stato ed è il massimo obiettivo che potevamo raggiungere! Vincere poi il premio Fair Play è stato il sigillo di una stagione per noi perfetta.
Quest'anno abbiamo introdotto altri giocatori che volevano partecipare a questa esperienza. Siamo partiti prendendo un secchio di goal, ma avremo modo di rifarci! D'altronde sappiamo di non poter essere competitivi come alcune squadre lo sono, ma certamente scenderemo in campo per migliorarci e mostrare cosa hanno imparato i ragazzi, che credo sia la cosa più importante da non dimenticare. Ne approfitto anche per fare i complimenti agli arbitri di questo Campionato, perché sono risultati sempre adeguati ed attenti alle situazioni spesso complesse dei ragazzi. Davvero un valore aggiunto a questo già bellissimo Campionato!".
In questi giorni di emergenza come vi state organizzando per gli allenamenti e per non perdere la dimensione di contatto sociale che si è venuta a creare?
"Questo stop forzato di questi giorni purtroppo non aiuta affatto, non solo da un punto di vista fisico e di preparazione a livello calcistico, ma soprattutto a livello di socializzazione. I ragazzi sono abituati a stare insieme almeno una volta alla settimana e il non poterlo fare crea disagio ed insofferenza. Chi opera con questi bambini sa quanto siano abitudinari e quanto poco basta mandarli in difficoltà. Senza contare che questa attività è di sollievo anche alle loro famiglie. Stiamo quindi facendo dei video in cui, a turno, li salutiamo e ci facciamo sentire vicini a loro. Ci auguriamo di ricominciare al più presto questa bellissima avventura e speriamo anche che in futuro si possa dare la possibilità di giocare anche ai più piccoli o a chi ha ancora più difficoltà in questo campionato straordinario, organizzato da persone sensibili e capaci di aver fatto una cosa che nessuno potrà dimenticare: aprire le porte del calcio giocato a tutti".