Giudizio e responsabilità disciplinare - comportamento costituente reato - cd. attività extrafunzionale – sospensione dei termini di conclusione del giudizio disciplinare
Il Collegio di garanzia del CONI – con decisione n. n. 10/2024 - ha ritenuto che “l’art. 4, comma 1, del CGS FIGC, in combinato disposto con gli artt. 3, co. 1, del CGS FIGC, 13 bis, co. 3, dello Statuto del CONI, 2, 5, co. 1, 12 e Allegato A del Codice di Comportamento Sportivo CONI, considerato che i principi ivi esposti (lungi dall’esaurirsi nel formale rispetto delle regole del gioco) investono non solo il corretto esercizio di una posizione soggettiva, estendendosi necessariamente anche a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, deve essere interpretato nel senso che, nel momento in cui la condotta implichi (per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito) una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva, è fatto obbligo a tutti i soggetti, e agli organismi, sottoposti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale, in ogni rapporto non solo di natura agonistica, ma anche economico e/o sociale, nonché di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti”. La Corte federale d’appello, nel giudizio di rinvio, ha ritenuto di sospendere i termini di conclusione del giudizio disciplinare ai sensi dell’art. 38, comma 5, CGS CONI, in forza del richiamo operato dall’art. 3, comma 2, CGS FIGC, e dell’art.110, comma 5, CGS FIGC, sino alla definizione del giudicato in sede penale (irrevocabilità della sentenza di condanna, definitività della decisione di proscioglimento o della sentenza di assoluzione). Ciò in quanto - in disparte dai limiti che, in via generale, naturalmente incontra l’esercizio dei poteri istruttori degli organi inquirenti federali rispetto a condotte non riconducibili in via immediata allo svolgimento dell’attività sportiva (non costituendo questa né causa, né motivo, né occasione della condotta in contestazione) quanto, piuttosto, alla sfera privata del soggetto tesserato (cd. attività extrafunzionale) – né la Procura federale né la Procura nazionale dello sport hanno svolto autonomi atti di indagine per accertare i fatti (sebbene, nel caso della Procura nazionale dello sport quest’ultima avesse disposto l’avocazione del procedimento in danno della Procura federale FIGC, ravvisando “l’esigenza di procedere ad ulteriori attività di indagine relativamente al procedimento”, cfr. premessa dell’atto di deferimento); inoltre neppure è stato possibile acquisire gli atti del procedimento penale avviato a seguito della notitia criminis per aver denegato il GUP presso il Tribunale di Siena l’accesso agli atti del procedimento ai sensi dell’art.116 c.p.p., sul rilievo dell’insussistenza di un interesse, riservandosi solo la successiva trasmissione della sentenza, una volta redatta la relativa motivazione. Ne consegue che, fermi restando il principio di autonomia sancito dall’art. 3, comma 3, CGS FIGC e la disciplina dettata dall’art.39 CGS CONI in punto di efficacia della sentenza dell’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari, la Corte non può accertare né valutare i fatti al lume del parametro normativo individuato dal Collegio di Garanzia dello Sport, non avendo di tali fatti piena cognizione ed essendo gli stessi ancora sub judice nell’ambito di un procedimento penale tuttora in corso.
Stagione: 2023-2024
Numero: n. 100/CFA/2023-2024/C
Presidente: Lipari
Relatore: Raiola